Come riconoscerlo,  come affrontarlo, come combatterlo

Nonostante l’assenza di sensibilità, almeno il 50% delle persone con lesione midollare accusa, più o meno precocemente, dei dolori, caratterizzati da spiccato polimorfismo per ciò che concerne situazioni scatenanti, tonalità, cronicità.

A volte il paziente avverte anche delle sensazioni “strane” provenienti dalle parti del corpo situate sotto il livello della lesione: le fibre dolorifiche midollari, danneggiate e disconnesse dai centri corticali, sono la causa di questi fenomeni, che vengono comunemente definiti come “parestesie” in quanto assumono le caratteristiche di pizzicori, formicolii, punture, senso di caldo o freddo eccessivo.

Nella mielolesione si possono riconoscere diversi tipi di dolore.

Dolori vertebrali: oltre a quelli traumatici immediati (localizzati a livello del focolaio di frattura) e a quelli posturali (dovuti al carico vertebrale: deambulazione, trasferimenti, carrozzina), vi possono essere dolori muscolari, tipo crampo, che cedono al riposo e alla fisioterapia locale (termoterapia, massoterapia): possono essere il sintomo di una alterazione della statica del rachide, ma anche, più semplicemente, di una carrozzina non adeguata alle caratteristiche somatiche del paziente.

Dolori sottolesionali: sono rappresentati dalle parestesie dolorose, che colpiscono entrambi gli arti inferiori e la regione perineale. Sono estremamente fastidiosi, difficili da trattare e sono accentuati da fattori quali il fumo, l’alcol, la temperatura ambientale. Dolori viscerali: possono essere il sintomo di un disturbo al viscere dolente, ma possono essere anche semplici dolori proiettati (cioè non in rapporto con una patologia viscerale) oppure rientrare nel contesto di un episodio di disreflessia autonomica (vedi l’Informatore n° 208).

I “dolori metamerici” sono di origine radicolare, solitamente localizzati al livello della lesione, al limite superiore dell’anestesia. Hanno una distribuzione metamerica (cioè sono avvertiti dal paziente nelle zone cutanee innervate dalla radice lesa: a cintura nella regione addominale e toracica, lungo gli arti superiori ed inferiori rispettivamente nelle lesioni cervicali e in quelle lombari); insorgono acutamente, in modo lancinante (“come un colpo di pugnale”) e possono assumere le caratteristiche dell’iperestesia dolorosa (dolore che si scatena al semplice contatto della cute del paziente con la mano dell’esaminatore o con vestiti e lenzuola).

La diagnosi di “dolore psicogeno” va naturalmente posta per esclusione di tutti i tipi di dolore fin qui esaminati. E’ un dolore che può essere determinato (e/o accentuato), più o meno coscientemente, da componenti non organiche quali depressione, personalità nevrotica, rivendicazioni medico-legali ed economiche.

Le cosiddette “alterazioni dello schema corporeo” sono sensazioni particolari che interessano gli arti inferiori e spesso non sono dolorose, ma non per questo non fastidiose. Il paziente avverte vibrazioni, pressioni, costrizioni o la sensazione che il proprio corpo “non sia più come prima” (“assenza” degli arti inferiori, “scomparsa” del tronco).


La terapia del dolore nella persona con lesione al midollo spinale rappresenta spesso un problema di non facile soluzione, in quanto, nonostante vi siano molteplici ed eterogenei sistemi di cura, nessuno di essi ha una efficacia sicuramente dimostrata.

Il trattamento, comunque, farmacologico e non, in ogni caso deve sempre essere effettuato esclusivamente su prescrizione del medico.

Gli analgesici minori (paracetamolo, antinfiammatori non steroidei o fans, corticosteroidi) sono indicati per i dolori vertebrali, metamerici e sottolesionali. Per i dolori metamerici e sottolesionali molto spesso è necessario ricorrere a farmaci diversi come gli antiepilettici (carbamazepina, pregabalin, gabapentin), i derivati benzodiazepinici (clonazepam), gli antidepressivi (trazodone, duloxetina, amitriptilina, imipramina, venlafaxina, clomipramina); gli analgesici maggiori (oppiacei: codeina, tramadolo, morfina, ossicodone, idromorfone, fentanyl, buprenorfina, tapentadolo) vanno riservati solo a casi selezionati e quando le altre terapie si sono dimostrate inefficaci, per il rischio di depressione respiratoria, assuefazione e dipendenza, anche se i prodotti più recenti hanno un ottimo rapporto tra benefici ed effetti indesiderati rispetto a quelli più vecchi. Per quanto concerne le droghe, l’utilizzo legalizzato come analgesici dei principi attivi contenuti in alcune di esse è stato solo recentemente riconosciuto in Italia, ma con risultati clinici ancora da verificare. Qualche risultato può essere ottenuto con la fisioterapia (elettroanalgesia di superficie), l’agopuntura, l’elettrostimolazione midollare e l’infusione continua di farmaci nello spazio subaracnoideo mediante sistemi impiantabili. La chirurgia demolitiva (radicotomia selettiva, cordotomia) non viene utilizzata che in rarissimi casi. I dolori viscerali (veri) migliorano con una rieducazione vescicale e intestinale corretta, mentre le alterazioni dello schema corporeo difficilmente necessitano di un trattamento, se non con farmaci antidepressivi.

Per i dolori psicogeni può essere di qualche utilità l’impiego di antidepressivi. Il dolore può condizionare moltissimo la qualità di vita del paziente e, purtroppo, spesso anche le terapie non riescono da sole a risolvere questo problema che in molti casi rappresenta una delle conseguenze più severe della mielolesione. In associazione alle terapie farmacologiche può rivelarsi allora molto utile osservare alcuni accorgimenti, quali:

– usare tecniche di rilassamento per diminuire la tensione muscolare, regolare il respiro e “sedare i pensieri”;

– non insistere troppo a lottare, “combattere” il dolore a volte lo fa aumentare;

– rilassare i muscoli della faccia;

– cercare di distrarsi pensando ad altre cose e/o curando hobby personali;

– controllare il dolore, non lasciando che interferisca con le attività lavorative, sociali e famigliari;

– definire le sensazioni dolorose “disagio” e non “dolore” per cercare di esorcizzarle e minimizzarle;

– ignorare il disagio e concentrarsi su sensazioni “piacevoli”.

È comunque fondamentale che il paziente impari a “resistere” tenacemente a questa situazione, seguendo le indicazioni terapeutiche che gli sono state prescritte, senza dimenticare mai che nella gestione della “patologia della persone con mielolesione “ molto dipende dai comportamenti e dagli atteggiamenti che il soggetto mantiene nei confronti del proprio problema.

Dott. Mauro Menarini

Consulente Fisiatra Unità Spinale Ospedale “Sacro Cuore – Don Calabria” Negrar (VR)