PROBLEMI CIRCOLATORI NELLA PERSONE CON LESIONE AL MIDOLLO SPINALE

I problemi, la prevenzione e la cura

I principali problemi circolatori che fanno seguito a una lesione midollare sono rappresentati dall’ipotensione, dagli edemi agli arti inferiori e dalla trombosi venosa profonda

IPOTENSIONE

L’ipotensione è una riduzione della pressione sanguigna che si può osservare in seguito ad una lesione midollare.

I centri simpatici preposti al controllo della pressione si trovano nel tratto toraco-lombare del midollo spinale: di qui partono i nervi che decorrono lungo i vasi sanguigni e, regolandone la costrizione o la dilatazione, mantengono la pressione sanguigna al giusto livello.

La lesione midollare determina una insufficienza vascolare dovuta alla perdita del tono simpatico vasomotore (vasoparalisi). Si possono verificare pertanto episodi di ipotensione dovuti all’insufficiente attività della muscolatura che si trova nella parete delle arterie (controllata dal sistema nervoso simpatico), aggravata dalla ridotta dinamica respiratoria e dalla paralisi dei muscoli degli arti inferiori.

La bassa pressione sanguigna diminuisce la quantità di sangue che arriva al cervello e può quindi essere causa di pallore, sudorazione profusa, offuscamento visivo, vertigini, fino ad arrivare allo svenimento (“lipotimia” o “sincope”).

Se ciò avviene in posizione eretta, si parla di “ipotensione ortostatica”.

Per “ipotensione posturale” si intende il calo di pressione sanguigna che si realizza soprattutto quando il paziente si alza dal letto per sedersi (solitamente percepito come un “giramento di testa”).

Ipotensione posturale e ipotensione ortostatica hanno, in sintesi, sostanzialmente la medesima origine e presentano gli stessi sintomi. Per evitare l’insorgere dei sintomi descritti è possibile ricorrere ad una serie di accorgimenti:

• bere uno o due bicchieri d’acqua al mattino prima di alzarsi;

• rimanere seduti sul letto qualche minuto prima di trasferirsi sulla carrozzina;

• indossare una panciera e le calze elastiche per facilitare il ritorno venoso dai visceri addominali e dalle gambe;

• abbassare la testa sulle ginocchia per alcuni secondi;

• se si è seduti in carrozzina, chiedere al caregiver di inclinarla all’indietro per qualche istante (assicurandosi di averla frenata) ed allo stesso tempo effettuare dei respiri profondi;

• sempre nel caso ci si trovi seduti in carrozzina, chiedere di sollevare le gambe (ad angolo retto rispetto al tronco) per favorire il ritorno venoso.

EDEMA

Un edema si manifesta come gonfiore ai piedi e all’estremità inferiore delle gambe: è conseguenza di un insieme di fattori, spesso combinati tra loro, quali la vasoparalisi, la diminuzione della pressione sanguigna e la prolungata postura seduta in carrozzina.

Anche la riduzione dell’attività muscolare (paralisi) contribuisce all’insorgenza di edemi cutanei: come noto, uno degli elementi che favorisce il ritorno del sangue dalla periferia verso il cuore è il movimento. Un mancato intervento della cosiddetta “pompa muscolare” è causa di ristagno venoso e quindi di edema.

Quando è determinato dai fattori ora descritti, l’edema interessa solitamente ambedue gli arti inferiori: se compare soltanto o prevalentemente a carico di un piede o di un polpaccio, bisogna porre la massima attenzione perchè ci si può trovare di fronte ad una trombosi venosa profonda(TVP).

Gli accorgimenti più utili per prevenire o limitare gli edemi cutanei sono:

• usare calze elastiche, lunghe fino alla radice dell’arto (cosiddette “a monocollant”);

• sollevare spesso i piedi, evitando però, mediante un appoggio prolungato, che le ginocchia rimangano in sospensione perché ciò provoca stiramento dei vasi al cavo popliteo (regione situata posteriormente al ginocchio ndr);

• comprare le scarpe quando i piedi sono gonfi (in questo modo saranno sempre comode);

• fare attenzione a non utilizzare scarpe strette perchè possono causare l’insorgenza di piaghe da decubito; consultare il medico se il gonfiore non scompare, o non si riduce, dopo il riposo notturno.

TROMBOSI VENOSA PROFONDA (TVP)

Le trombosi venose profonde (TVP) costituiscono una complicanza molto frequente sia nella fase acuta che nella fase degli esiti delle lesione midollari.

Sono determinate dalla “chiusura”, totale o parziale, di una vena (solitamente negli arti inferiori o nella pelvi) da parte di un “tappo” (coagulo), che si forma all’interno del vaso, che ostacola il flusso di sangue dalla periferia verso i grossi vasi dell’addome ed il cuore (ritorno venoso).

I fattori predisponenti sono rappresentati dalla paralisi muscolare, dalla perdita del tono vasomotorio, dall’immobilità, dalla disidratazione, dal fumo di sigaretta e dall’assunzione di ormoni (pillola).

Clinicamente il sospetto di trombosi venosa profonda deve intervenire quando un edema, anzichè bilateralmente, compare solo o maggiormente a carico di un piede o di un polpaccio che, inoltre, può essere più caldo. La presenza di febbre (in assenza di altre cause note), può suffragare la diagnosi, che va comunque confermata dagli accertamenti strumentali (doppler e/o flebografia). Qualche volta la trombosi si manifesta con aumento della spasticità o fenomeni disreflessici.

La prevenzione va effettuata:

• mediante il posizionamento antideclive degli arti,

• frequenti cambi posturali,

• l’utilizzazione di calze elastiche, la mobilizzazione articolare;

• una adeguata profilassi farmacologica.

il trattamento prevede l’utilizzazione di farmaci anticoagulanti ed una breve immobilizzazione dell’arto. Una delle complicanze più pericolose delle TVP è l’embolia polmonare (occlusione delle arterie dei polmoni causata dagli emboli provenienti dal trombo venoso), che può anche determinare la morte del paziente.

Dott. Mauro Menarini

Consulente Fisiatra dell’Unità Spinale Ospedale Sacro Cuore – Don Calabria Negrar (VR)