L’OSTEOPOROSI NELLA PERSONA CON LESIONE AL MIDOLLO SPINALE

La perdita di massa ossea in seguito a lesione midollare costituisce una temibile complicanza a causa delle importanti conseguenze funzionali connesse all’aumentato rischio di fratture. Tale eventualità presenta un’incidenza valutata fino al 34% nei pazienti con lesione midollare completa. Il 60% dei pazienti mielolesi maschi presenta un quadro di osteoporosi mentre nel sesso femminile la prevalenza risulta essere maggiore. Il 14% dei pazienti con mielolesione ha subito almeno una frattura entro 5 anni dalla lesione, il 28% entro 10 anni e il 39% entro 15 anni. Il rischio di eventi fratturativi è direttamente correlato con l’età e il rischio di fratture al femore è maggiore rispetto a quello della popolazione generale di 104 volte per l’età di 50 anni e di 24 volte per l’età di 70. Le fratture spesso sono segnalate durante i trasferimenti (ad esempio dal letto alla carrozzina e viceversa) o secondarie a traumi non significativi. Tenendo conto dell’anestesia sottolesionale tali fratture sono sovente asintomatiche e, se non trattate repentinamente, possono condurre a gravi complicanze. Da qui l’importanza di una diagnosi precoce e corretta.

Perdita di massa ossea dopo una mieloesione
Molti studi suggeriscono che i pazienti perdono circa un terzo della loro massa ossea nel primo anno seguente alla lesione. La perdita di massa ossea risulta essere prettamente sottolesionale con un interessamento maggiore a carico del femore e della tibia e in minor misura del rachide, con una maggiore gravità nelle lesioni complete rispetto a quelle incomplete. Il fatto che la massa ossea del rachide sia in genere ben conservata è da mettere probabilmente in relazione al carico meccanico diretto sulla colonna vertebrale che avviene anche in posizione seduta. La diminuzione della massa ossea è stata dimostrata già a 6 settimane dalla lesione: questa perdita continua per i successivi 12-16 mesi e la “soglia di frattura” viene raggiunta da 1 a 5 anni dopo la lesione. Quindi pare che la perdita di massa ossea sia pari a circa il 30-40% nei primi 6-18 mesi dall’evento acuto, mentre dopo tale periodo sembrerebbe rallentare per allinearsi al soggetto non lesionato di pari età. Da un recente lavoro risulterebbe invece che la perdita ossea non si ferma al raggiungimento di tale plateau ma che prosegue anche per parecchi anni dopo la lesione. In particolare la perdita sembrerebbe correlata al tipo di osseo: infatti siti con percentuali elevate di osso trasecolare (spugnoso, come il corpo vertebrale) tendono a stabilizzare la perdita da l a 3 anni dopo l’evento (Figura 1), mentre altri siti come la diafisi tibiale, ricca di osso corticale (compatto), continuano a perdere massa ossea anche a 10 anni dall’evento traumatico. Quindi la perdita di massa ossea è “sito specifica”, e localizzata soprattutto agli arti inferiori. Gli arti superiori risultano meno colpiti da questo processo patologico, e da confronti condotti tra paraplegici e tetraplegici risultano differenze significative nella qualità dell’osso.

Cause
Le cause della perdita di massa ossea dopo una mielolesione sono molteplici.
L’immobilità e l’assenza di carico rappresentano i fattori principali: già 9 giorni dopo la lesione si osserva perdita di massa ossea con un picco massimo a 10-16 settimane. Il carico meccanico esplica infatti un importante effetto a livello del metabolismo osseo e gli osteociti (le cellule dell’osso) risultano essere la chiave di volta di questo meccanismo regolatorio. La mancanza di carico infatti inibisce gli osteoblasti (le cellule che producono osso) mentre attiva gli osteoclasti (le cellule che distruggono osso) portando al riassorbimento osseo e questo è sicuramente il meccanismo alla base dell’aumentata perdita di massa ossea in seguito a mielolesione, come avviene anche ad esempio nell’allettamento prolungato.
La denervazione è un altro fattore in grado di influenzare il metabolismo dell’osso: è noto da tempo che l’innervazione ortosimpatica (parte del sistema nervoso autonomo) è un elemento capace di determinare un aumento del riassorbimento osseo in seguito a danno midollare. Come per l’assenza di carico, quindi, a seguito di una mielolesione si ha un’interruzione delle vie nervose con alterazioni del meccanismo di regolazione dell’osso a carico del sistema nervoso autonomo.
Nonostante gli arti superiori non siano sottoposti a sollecitazione meccanica e innervati, anch’essi in seguito a lesione mielica presentano un’aumentata perdita di massa ossea. Questo fa supporre che oltre all’immobilità, al carico e alla denervazione esistano altre cause (fattori ormonali) alla base di questo meccanismo fìsiopatologico. È stato dimostrato come a 3 settimane dopo la lesione midollare i livelli serici di paratormone (PTH) e di Vitamina D risultino diminuiti. Diversi studi riguardo ai livelli di Vitamina D nei pazienti mielolesi hanno fornito risultati discordanti. La deficienza di vitamina D nella persona con lesione midolare potrebbe essere inoltre correlata alla somministrazione in acuto di farmaci come gli anticonvulsivanti che possono accelerarne il metabolismo. Un ruolo preponderante nell’osteoporosi da mielolesione viene inoltre giocato dagli steroidi sessuali: infatti sia gli estrogeni che gli androgeni possono modificare l’attività delle cellule dell’osso (osteociti), come pure l’ormone follicolo stimolante (FSH). Anche l’insulina e l’ormone della crescita (GH) sono capaci di influenzare il metabolismo osseo.

Diagnosi
Le fratture nei pazienti con mielolesione spesso sono di difficile diagnosi clinica per l’anestesia sottolesionale. Sovente l’unico indizio risulta essere una limitazione articolare repentinamente acquisita e/o la perdita di abilità funzionali, con un aumento dell’ipertono e la comparsa di crisi neurovegetative (Figura 2).

Trattamento
I possibili approcci terapeutici all’osteoporosi nella persona con lesione al midollo spinale, confermati anche dalle linee guida, possono dividersi fondamentalmente in due tipi: uno non farrnacologico con la stimolazione elettrica funzionale (FES) e la sollecitazione meccanica, e uno riguardante la terapia farmacologica antiriassorbitiva. In passato il trattamento con FES e cicloergometro protratto per 6 mesi non sembrava poter determinare un incremento significativo della massa ossea. Tuttavia recentemente uno studio condotto su pazienti mielolesi completi cronici ha dimostrato come la FES ad alta intensità possa contrastare efficacemente la perdita di massa ossea e muscolare post-mielolesione. E’ risultato infatti che la ciclo-FES ad alti volumi porta a dei cambiamenti significativi negli arti plegici, risultando quindi una procedura con rilevanza clinica che può parzialmente invertire la perdita ossea e ridurre il rischio di frattura. Per quanto riguarda il mantenimento della stazione eretta su standing o il cammino con ortesi essi si sono dimostrati insufficienti a limitare la perdita di massa nei mielolesi. Riguardo l’approccio farmacologico all’osteoporosi post-mielolesione esistono numerosi lavori con farmaci antiriassorbitivi (bifosfonatì) ma senza risultati sostanzialmente univoci.

Conclusioni
Sicuramente l’osteoporosi nella persona con lesione al midollo spinale è una problematica sottostimata e marginalmente considerata anche dalle linee guida specifiche, nonostante sia la causa di un netto aumento dell’incidenza di fratture (Figura 3) in questi pazienti. La causa che la sottende è sicuramente molto complessa e non è imputabile solamente all’immobilità e alla denervazione conseguenti al danno mielico. Dai dati presenti in letteratura emerge come la perdita di massa ossea cominci già nei primi mesi dalla lesione, il che porrebbe indicazione per un inizio molto precoce della terapia farmacologia, ben prima del riscontro di valori patologici di massa ossea e, in particolare, prima del manifestarsi di fratture patologiche. La terapia con bisfosfonati ha dimostrato sostanzialmente di essere efficace e anche le linee guida internazionali raccomandano l’utilizzo di tali farmaci. Purtroppo non esistono dati certi che permettano di valutare se tale terapia debba essere protratta solo per i primi anni dalla mielolesione o se debba essere invece continuata per tutta la vita. In definitiva quindi l’osteoporosi post-mielolesione ha eziologia multifattoriale, andrebbe inclusa tra le “osteoporosi secondarie”, è particolarmente severa e con ricadute negative sulla qualità di vita del soggetto mieloleso sia maschio che femmina. La terapia non farmacologica (standing, FES) ha modesta e transitoria rilevanza sulla sua evoluzione, mentre la terapia con bifosfonati è probabilmente l’approccio corretto al problema. Tuttavia è necessario produrre linee guida diagnostiche e terapeutiche adeguate e specifiche, dal momento che le linee guida elaborate per l’osteoporosi post-menopausale non possono essere adattate alla forma post-mielolesione
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Dott. Mauro Menarini
Consulente Fisiatra dell’Unità Spinale
OSPEDALE SACRO CUORE – OON CALABRIA
NEGRAR (VR)

Figura 1 fig 1

 

Figura 2fig 2
Mineralometria ossea computerizzata (MOC): un mezzo per la misura della densità minerale ossea

 

Figura 3 fig3