Riflessioni sul concetto di “abilismo” e tutele contro le discriminazioni

L’abilismo è la discriminazione nei confronti di persone con disabilità e, più in generale, presuppone che tutte le persone abbiano un corpo abile. Essa può colpire persone con disabilità fisica o mentale, e può essere attuata sia attaccando fisicamente o verbalmente le persone disabili, sia trascurando di offrire loro particolari privilegi volti a compensare la loro situazione di debolezza. Abilista è stato per esempio il regime nazista, che perseguitò tra gli altri anche queste persone perché ritenute inutili alla razza ariana; un atteggiamento antidiscriminatorio è invece stato adottato, per esempio, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, come dalla Costituzione Italiana: in molti Paesi occidentali oggi la normativa applica verso le persone con disabilità una discriminazione positiva volta ad assicurare ad essi il minor numero di disagi possibili e una piena partecipazione alla vita sociale e politica del territorio. Su questo interessante argomento Francesca Fedeli ha elaborato interessanti spunti di riflessione su ‘Il Sole 24 Ore’, che riteniamo utili proporre ai nostri lettori.

1) Da qualche anno a questa parte è di moda agli eventi offrire le ‘lunchbox’, ossia gradevoli contenitori in cartone con dentro tutto il kit per un veloce pranzo: se da una parte fanno risparmiare gli organizzatori e consentono un minore spreco di risorse rispetto al più tipico buffet da eventi, in realtà possono rappresentare una complicazione in più per chi per mangiare ha bisogno di appoggiarsi ad un tavolo ed è meno propenso al multitasking. Oltre a mettere rampe ovunque, pensa anche a quelle disabilità che non si vedono ma che rendono la vita quotidiana ugualmente complicata.

2) Il linguaggio quotidiano a volte è davvero poco educativo. Molti usano dire “Ti prendesse un ictus”, “estirpiamo quel cancro”, “che spastico”, “cerebrolesi di tutti i Paesi unitevi”. E’ cosa buona e giusta ripulire periodicamente il nostro linguaggio da metafore fuorvianti e poco etiche. Un nano e un’isterica nelle nostre frasi possono provocare lo stesso disappunto di un’automobile senza tagliando parcheggiata in un posto riservato a persone con disabilità.

3) La Legge 104 del 5 febbraio 1992 è una normativa per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, che riconosce anche delle agevolazioni in ambito lavorativo per quei dipendenti che hanno necessità di assistere un proprio familiare con disabilità. Si stima che una donna su due abbia necessità nella propria vita di ricorrere a queste agevolazioni sul lavoro, come assistente di un figlio o di un genitore disabile. Può capitare perciò di incontrare almeno una di queste donne anche nella nostra attività quotidiana. Per tale ragione, non è una buona idea organizzare riunioni ricorrenti alle 19 o nella giornata in cui una collaboratrice ha diritto al permesso Legge 104. E’ sbagliato pensare si tratti di donne privilegiate, che abusano dei loro diritti per scaricare su altri mansioni e incombenze. Forse anche loro preferirebbero restare in ufficio piuttosto che affrontare un ambiente medicalizzato in una dimensione che comunque rimanda alla sofferenza.

4) La gita scolastica tira fuori il meglio da ogni coppia genitoriale: fa parte del piano didattico, è un’esperienza che apre la mente, abilita la socializzazione e l’apprendimento esperienziale. Bene, tutto ciò premesso, anche se sono state firmate tutte le petizioni per abbattere le barriere architettoniche e ai genitori fa tanta tenerezza il bambino Down in classe con la loro figlia, quando si arriva a parlare della gita scolastica molti dimenticano le esigenze di chi è in difficoltà. Meglio non decidere da soli gli itinerari e affidarsi invece al personale incaricato di queste decisioni nella scuola, dove esistono apposite commissioni volte a valutare l’accessibilità dei luoghi e l’adeguatezza delle esperienze.

5) Alle feste, in casa o a scuola può capitare di sentirsi dire di togliere le scarpe, per una questione di igiene: quelle scarpe per alcuni bambini rappresentano lo strumento principale per tenersi in equilibrio, all’interno nascondono plantari o tutori che permettono loro di recuperare una postura più simile alla tua. Le ortesi sono oggetti preziosi, ci vogliono mesi e un sacco di carte da riempire per essere realizzati. A volte bisogna infischiarsene dei batteri e visualizzare le scene iniziali del film Forrest Gump e della simpatica mamma in visita dall’ortopedico: ‘Mama said they were magic shoes: they could take me anywhere’, che significa: ‘Mamma diceva che erano scarpe magiche perché potevano portarmi ovunque’.

Articolo apparso sul Sole 24 ore a firma Francesca Fedeli