Un problema poco conosciuto che interessa le persone con lesione al midollo spinale. Assolutamente da non sottovalutare in quanto può portare a gravi conseguenze

Tutte le lesioni complete al di sopra di T6 (emergenza dei nervi splancnici) possono accompagnarsi a fenomeni di iperreflessività autonoma. A volte sono presenti anche in caso di lesioni dorsali più basse: di solito si tratta di manifestazioni cliniche più blande e vengono pertanto definiti come “sintomi simil-disreflessici”.

La disreflessia autonomica può insorgere dopo la fase di shock spinale (cioè a partire da 10-12 settimane dopo l’evento lesivo), quando il midollo che si trova a valle dell’interruzione, sempre se integro, riesce a recuperare un’attività riflessa autonoma.

Questa sindrome è l’espressione di una risposta fisiologica alterata a stimoli cutanei o viscerali nocicettivi sottolesionali, (determinata dalla perdita del controllo encefalico sui centri del sistema nervoso simpatico situati al di sotto della lesione), che si traduce in un’aumentata scarica di adrenalina responsabile della sintomatologia presentata dai pazienti.

I fattori scatenanti delle crisi disreflessiche possono essere:

•dilatazione (sovradistensione) vescicale acuta (da ostruzione del catetere e/o sfinteri vescicali dissinergici);

•cistoscopia, uretroscopia;

•calcolosi uretero-vescicale;

•processi infiammatori uro-ano-genitali (uretriti, prostatiti, emorroidi, epididimiti);

•fecalomi e meteorismo dell’ampolla rettale;

•processi infiammatori addominali (appendiciti, coliche);

•decubiti, soprattutto ischiatici e sacrali;

•paraosteoartropatie e fratture;

•fattori generali (freddo o caldo eccessivi, tromboflebiti, ustioni);

•cambiamenti di postura o posture scorrette in carrozzina, a letto e/o in ortostatismo; •esercizi di mobilizzazione inappropriati;

•unghie incarnite;

•cause ginecologiche (ad esempio rottura di cisti ovarica, endometriosi, dismenorrea) ed ostetriche (ad esempio gravidanza extrauterina);

•manovre diagnostiche o terapeutiche invasive, manovre sessuali.

Il quadro clinico, che si instaura gradualmente o in modo rapido, è caratterizzato da:

•cefalea pulsante, a volte estremamente violenta;

•ipertensione (a volte fino a 300 mm Hg) o comunque pressione significativamente più alta di quella abituale;

•tachi- o bradicardia;

•sudorazione;

•ritenzione urinaria;

•altri sintomi minori (congestione nasale, eritema, orripilazione, midriasi, dispnea, contratture muscolari agli arti inferiori e all’addome).

La crisi può manifestarsi con tutti o solo alcuni dei sintomi sopra descritti; l’unico costante è il rialzo pressorio. Particolarmente pericolosi sono gli episodi acuti perchè possono condurre ad un arresto cardiaco o ad un’emorragia cerebrale o retinica. Non sono però da sottovalutare i casi ad andamento cronico che rappresentano una spia della alterata regolazione neurovegetativa.

Gli episodi acuti di disreflessia autonomica costituiscono un’emergenza medica: è importante, perciò, che il paziente abbia sempre con sé  uno scritto con le istruzioni per il medico come riprodotte più avanti. Infatti, poiché è un fenomeno pressoché esclusivo della lesione midollare e non molto conosciuto al di fuori dell’ambiente degli addetti ai lavori, di fronte all’insorgere della sintomatologia sarà utile mostrare queste istruzioni per richiedere l’intervento di un medico che provvederà alle cure del caso. Sarebbe meglio che queste prescrizioni fossero sottoscritto dal medico specialista dell’unità spinale.

Molte persone “sfruttano” i primi sintomi di disreflessia come segnale di pienezza della vescica (che provvedono poi a svuotare). In ambiente sportivo addirittura esiste una strategia, chiamata “boosting”, che consiste “nell’autoprovocarsi” la crisi mediante stimoli nocicettivi (cinture strette, traumi ed altro) per aumentare la performance grazie alla scarica di adrenalina. Ovviamente ciò è vietato dai regolamenti poiché di fatto è un vero e proprio doping, senza farmaci, ma potenzialmente molto più pericoloso anche solo per una singola “somministrazione”.

Poichè l’esperienza clinica ha individuato tutte, o quasi, le cause di questa sindrome, la prima regola da seguire è quella di informare (da parte del medico) e di apprendere (da parte del paziente e dei suoi famigliari) quali ne sono i fattori scatenanti per cercare di prevenirli.

La sintomatologia va affrontata il più rapidamente possibile. I principali accorgimenti da adottare sono i seguenti.

• Far sedere il paziente oppure sollevarne la testa per tentare di abbassare la pressione arteriosa.

• Svuotare la vescica, meglio se utilizzando un catetere. In presenza di un catetere a dimora controllarne la pervietà lavandolo delicatamente e accuratamente: se questo non dovesse, bastare sostituirlo con uno nuovo.

•Rimuovere manualmente e molto delicatamente il materiale eventualmente presente nel retto dopo aver lubrificato il canale anale con gel anestetico.

•Togliere fasce elastiche, calze e ogni altro vestito stretto

•Verificare la presenza di altri eventuali fattori scatenanti (ulcere e decubiti cutanei, patologie addominali, fratture, paraosteoartropatie).

•Monitorare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca.

•Se gli accorgimenti e le manovre indicate non sono sufficienti, è necessario somministrare un farmaco antiipertensivo tenendo sempre ben presenti i possibili effetti collaterali come, per esempio, un’ipotensione eccessiva. Il trattamento di base può essere costituito da una compressa da 10 mg di nifedipina (anche per via sublinguale) da ripetersi eventualmente dopo 15 minuti.

• La terapia farmacologica, in ogni caso, deve SEMPRE essere prescritta ESCLUSIVAMENTE dal medico.

• A volte il problema non viene risolto in modo accettabile: è quindi indispensabile ricorrere ad interventi definitivi come, ad esempio, la resezione chirurgica dello sfintere vescicale (sfinterotomia).

Dr. Mauro Menarini

Consulente Fisiatra Unità Spinale Ospedale Sacro Cuore di Negrar (Vr)