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Aldo011

Ci risiamo, ancora una volta gli organi di informazione gridano al “miracolo” commentando notizie   su esperimenti più o meno scientifici  riguardanti la ricerca per la cura della lesione al midollo spinale. Stavolta  la notizia viene dalla Polonia dove in un paziente paralizzato sono stato effettuati trattamenti a base di cellule staminali prelevate dal bulbo olfattivo dello stesso paziente. La notizia è accompagnata da una fotografia nella quale, con tutori e deambulatore, egli compie alcuni passi. Fin qua tutto bene, quello che non va e che ci infastidisce è che la notizia è commentata da quasi tutti i media con una frase del tipo “TROVATA LA CURA PER LA PARALISI”.  In realtà, leggendo i risultati della ricerca, pubblicati su una rivista scientifica, si parla di “un piccolissimo progresso”, di un muscolo che si muove dopo la cura e dopo un pesante ciclo riabilitativo. Questa non è certo una guarigione! Il paziente poi, viene riportato, era stato ferito al midollo spinale, in modo peraltro incompleto, da un’arma da taglio (non da una contusione, come avviene per la maggior parte delle persone para/tetraplegiche), modalità che aveva provocato la formazione di una cicatrice di modesta estensione.
Presentare la notizia in questo modo scellerato, come spesso accade, provoca grandi aspettative soprattutto da parte di coloro che da poco hanno avuto una lesione al midollo spinale, e in fase di riabilitazione cercano di riprendere in mano la propria vita. Il fatto sicuramente darà luogo – è già avvenuto più volte in passato dopo le notizie di miglioramenti miracolosi in Russia, in India, in Cina o in Portogallo – a molti  “viaggi della speranza” verso il sogno di una guarigione ahimè ancora lontana, viaggi che si concludono sempre con profonda delusione ed enorme sperpero di denaro.
La cura sarà trovata, lo dicono i ricercatori seri, ma è ancora presto. Lasciamoli lavorare.
Pubblichiamo, a commento di questa notizia, una relazione del prof. Fumagalli e della dott.ssa Braga, che presso l’Università di Verona stanno sviluppando una ricerca per la cura della lesione midollare e, a seguire, anche un articolo apparso sul sito della nostra Federazione Nazionale (FAIP) dove vengono riportate alcune riflessione del Presidente Falabella.
La redazione

Lesioni midollari e trapianti cellulari:
informazioni, chiarimenti e prospettive

Novembre 2014

Aldo0111

Pochi giorni fa la rivista scientifica Cell transplantation ha pubblicato il risultato ottenuto da uno studio effettuato su un paziente con lesione midollare dai gruppi guidati dai ricercatori Tabakow e Raisman, rispettivamente dell’università di Wroclaw (Polonia) e della Spinal Repair Unit dell’ Institute of Neurology della University College di Londra.

Il paziente è un uomo di 38 anni con lesione toracica (T9) causata da una coltellata che ha portato a una completa perdita funzionale al di sotto della lesione (livello ASIA A). In particolare le immagini ottenute dalla risonanza magnetica mostravano la presenza di un taglio profondo di 8mm del midollo spinale che lasciava i due monconi uniti solo da un lembo anteriore di 2mm. Studi elettrofisiologici dimostravano l’assenza di trasmissione nervosa attraverso il lembo.
Il trial clinico prevedeva:
– rimozione chirurgica della cicatrice (a livello della lesione)
– trapianto di 4 “strisce” di tessuto nervoso, ottenuto dal nervo surale (un nervo che si trova a livello del polpaccio e che provvede all’innervazione sensitiva della cute di quell’area);
– trapianto di cellule dette ” olfactory ensheathing cells” ottenute dal bulbo olfattorio dello stesso paziente
– intenso programma di neuroriabilitazione.
L’idea di inserire pezzi di nervi per facilitare e guidare la crescita di cellule nervose è stata sperimentata da anni in diversi laboratori e il gruppo londinese è stato uno dei pionieri di questi studi. La tecnica facilita la crescita di neuroni rigeneranti soprattutto a livello dei nervi del sistema nervoso periferico probabilmente perché i pezzettini di nervo contengono cellule e fattori che stimolano e guidano la crescita dei prolungamenti delle cellule nervose; la tecnica è meno efficace quando applicata a tratti del sistema nervoso centrale (il cervello e il midollo spinale) probabilmente perché qui sono abbondanti i fattori che bloccano o inibiscono la crescita dei neuroni stessi. Dal punto di vista finalistico, non è sorprendente che una macchina complessa e piena di miliardi di connessioni come è il cervello si sia evoluta cercando di limitare le possibilità dei singoli neuroni di fare connessioni “a piacimento”, e  la costruzione della maggior parte della circuitazione al periodo di sviluppo embrionale. Nel neurone adulto rimane la capacità di cambiare un po’ le proprie connessioni, quanto basta per adattare il sistema ai tanti impulsi che arrivano dall’esterno (la cosiddetta “plasticità” sinaptica). Proprio lo studio degli embrioni (esclusivamente animali! Nota polemica di chi scrive rivolta a chi sostiene che la sperimentazione animale non è servita né mai servirà a nulla) ci ha consentito di identificare geni e proteine che guidano i neuroni affinché, nel corso dello sviluppo, vadano nei posti giusti e lì si fermino. Alcuni di questi geni/proteine hanno nomi che chiariscono il loro significato: semaforine, NoGo (non andare, stai fermo). Per la proteina NoGo sono stati fatti alcuni trials clinici per vedere se la sua inibizione con farmaci biologici potesse consentire ai neuroni rotti nella lesione traumatica spinale di rigenerare e formare i contatti necessari per la ripresa delle funzioni motorie e sensoriali interrotte al di sotto della lesione. Purtroppo i dati sull’uomo hanno fornito risultati negativi, almeno per ora.

E’ anche importante ricordare che, oltre ai fattori naturali che già rendono difficile convincere un neurone rotto a ricrescere, nella lesione midollare si forma una cicatrice in mezzo al tessuto midollare che ha potente capacità di inibizione della crescita. Per questo motivo la prima cosa che i ricercatori dello studio di Cell Transplantation hanno fatto nei pazienti sottoposti alla sperimentazione è stata di rimuovere chirurgicamente la cicatrice e, come citato sopra, di mettere al suo posto dei pezzettini di nervo surale.

Ma la parte veramente innovativa viene subito dopo e consiste nell’iniezione nella zona operata di speciali cellule dette olfactory ensheathing cells (OECs, cellule olfattive di rivestimento). Si tratta di cellule dell’apparato olfattorio che partecipano a formare la guaina mielinica degli assoni delle cellule nervose che dal naso arrivano al bulbo olfattorio (la parte del cervello dedicata a “annusare”).

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Sia queste cellule che il sistema olfattorio stesso sono alquanto “originali”. Innanzitutto gli odori sono sentiti da cellule nervose che sono poste fuori dal cervello (guardare la figura): esse sono infatti inserite nella mucosa nasale (il tessuto che ricopre le cavità nasali) dove “sentono” gli odori e inviano le informazioni al cervello mediante prolungamenti che raggiungono il bulbo olfattorio passando attraverso buchini delle ossa del cranio che formano le pareti superiori delle cavità nasali. Queste cellule non sono “immortali” ma hanno una vita media di 60 giorni e si rinnovano in continuazione. Già questa è un’importante differenza rispetto al resto del cervello! Per provvedere a questa necessità di rimpiazzo, nel naso ci sono cellule staminali che (ri)generano in continuazione cellule nervose nuove; inoltre, queste nuove cellule devono far crescere i propri prolungamenti in modo che passino di nuovo attraverso le ossa, raggiungano il bulbo olfattorio e trovino i punti esatti in cui terminare per portare le informazioni sugli odori “annusati”. Siamo quindi in presenza di un pezzo di cervello che “rigenera” in continuazione, a differenza di quanto (apparentemente) succede altrove.

Le olfactory ensheathing cells hanno una doppia funzione. Innanzitutto formano la guaina mielinica degli assoni delle cellule nervose che, passando attraverso le ossa del cranio, vanno dal naso al bulbo olfattorio; sono quindi funzionalmente analoghe alle cellule di Schwann e, come queste, avvolgono, proteggono e regolano il benessere delle cellule nervose. Inoltre le OECs hanno una proprietà quasi unica nel sistema nervoso: infatti sono proprio loro che dicono alle nuove cellule nervose (che devono sostituire le vecchie) dove mandare i loro prolungamenti, come fare ad attraversare le ossa e come arrivare al bulbo. In studi precedenti il gruppo inglese aveva sia messo a punto la procedura per “coltivare in vitro” queste cellule e farle crescere di numero in modo appropriato per poterle utilizzare per un trial clinico, sia dimostrato la loro efficacia in vivo su modelli animali di lesione midollare (Li et al., Glia 2005 e Science, 1997).

Nel caso del paziente, l’intervento di microchirurgia (rimozione della cicatrice e inserimento dei pezzetti “guida” di nervo surale) è stato fatto due settimane dopo aver asportato il bulbo olfattorio e fatto crescere le cellule in vitro. Dopo l’intervento nel giro di poco tempo sono state eseguite circe 100 microiniezioni di cellule sopra e sotto la lesione.
Passati 5 mesi in cui è stata condotta un’intensa pratica di fisioterapia riabilitativa, si sono iniziati a registrare i primi miglioramenti con il paziente che è passato dal livello ASIA A ad ASIA C. Ovvero, il paziente è ora in grado avere il controllo parziale di piccoli movimenti volontari delle estremità inferiori, una migliore stabilità del tronco, il recupero di sensibilità sotto il livello della lesione, una circolazione migliorata, un aumento della massa muscolare (prevalente da un lato) ed un aumento delle sensazioni viscerali.

I risultati ottenuti da questo paziente sono sicuramente incoraggianti e dimostrano il grande potenziale che la medicina ha, quando è affiancata dagli studi della ricerca di base, di promuovere il recupero funzionale nella persona con lesione al midollo spinale, un’ipotesi mai considerata fino a qualche anno fa.

Occorre però chiarire alcune peculiarità dello studio citato e alcuni buchi neri ancora non esplorati che rendono al momento difficile prevedere quando avremo a disposizione una terapia realmente efficace e, soprattutto, di intravedere quale sarà questa terapia.

Innanzitutto occorre sottolineare come la lesione del paziente studiato sia, almeno nella sua genesi, diversa da quella della maggioranza delle persone con mielolesione. Si tratta infatti di un taglio e non di una compressione; le due condizioni portano in entrambi i casi a interruzione del collegamento tra le porzioni a monte e a valle della lesione, ma nel caso della contusione, la reazione infiammatoria che distrugge le cellule e crea la temibile cicatrice (che blocca la possibile crescita delle fibre interrotte) è molto più intensa e meno circoscritta, quindi anche più difficile da rimuovere in modo adeguato.

Il secondo aspetto riguarda il tipo di cellule utilizzate. Come detto sopra, si tratta di cellule molto interessanti dotate della potenzialità di promuovere la ricrescita delle fibre nervose. Tuttavia si tratta di relativamente poche cellule e non sappiamo quanto costante e ripetibile sia la procedura per la preparazione delle stesse. In studi precedenti gli stessi autori avevano segnalato il problema e il fatto che non si trattasse di una preparazione “pura” (sono presenti cioè più tipi di cellule). Le informazioni attuali sono limitate e quindi non sappiamo se questi problemi siano stati risolti completamente in occasione di questo studio clinico.

E’ anche importante ricordare come tanti siano i segnali negativi che limitano la ricrescita dei neuroni tagliati. Il successo ottenuto in questo paziente potrebbe essere ampliato migliorando la preparazione e il numero delle cellule e le tecniche di accompagnamento; oppure potrebbe essere già il massimo ottenibile in un sistema in cui i segnali negativi di crescita per i neuroni sono tanti. In effetti il paziente studiato è passato da ASIA-A a ASIA-C. Dal punto di vista del paziente, è senza dubbio meglio che nulla ma ci pare ancora poco.

Infine ci viene riportato il risultato su un paziente ma lo stesso gruppo ha trattato altri 5 soggetti e sarebbe utile sapere come sta andando lo studio nel suo complesso per comprendere quale possa essere la probabilità di successo della procedura.

Questo studio, che ha avuto un battage mediatico rilevante e sicuramente genera molte aspettative, ha soprattutto il merito di evidenziare come la ricerca e la conoscenza che da essa deriva siano lo strumento fondamentale per immaginare soluzioni nuove ad un problema apparentemente (e finora tale) irrisolvibile.

E’ possibile che la messa a punto delle tecniche per ottenere queste cellule speciali, oppure di metodi per migliorare le proprietà funzionali delle cellule staminali, associata a miglioramenti nelle tecniche di microchirurgia, possano contribuire al un futuro successo di questi approcci basati su trapianti di cellule. Allo stesso tempo è fondamentale sapere di più su cosa realmente avvenga dopo il trauma e conoscere e imparare a controllare i diversi tipi di cellule che esistono nel midollo spinale. Aggiungere cellule che facilitano la ri-crescita dei neuroni o inibire le cellule che la impediscono sono due approcci complementari ed entrambi sono da esplorare.
Alla base di tutto rimane comunque la speranza di trovare una risposta alla domanda dei nostri amici. E l’unico strumento che abbiamo è …. ricerca, ricerca, ricerca

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Alice Braga e Guido Fumagalli

Ricerca scientifica e comunicazione appropriata: un binomio necessario

La pubblicazione dei risultati di una ricerca anglo-polacca sugli esiti del trapianto di cellule staminali olfattive in un soggetto con lesione midollare hanno suscitato un clamore mediatico apparso a tratti sproporzionato e distorsivo.
Infatti un paio di mesi fa attraverso diversi siti di informazione di ogni ordine e grado siamo stati informati di quanto sia “commovente e miracoloso” quello che è accaduto ad un vigile del fuoco bulgaro costretto su una sedia a rotelle dopo aver riportato una lesione al midollo spinale con esiti di paraplegia. Darek Fidyka, questo il nome del pompiere, più di un anno fa si è sottoposto ad un sofisticato trapianto di cellule staminali olfattive prelevate dal proprio epitelio nasale nell’ambito di una ricerca scientifica pionieristica condotta da un gruppo di neurologi inglesi insieme a chirurghi polacchi e pubblicata circa un anno fa sulla rivista scientifica Cell Transplantion.
Secondo quanto ricostruito dalla stampa e dai diversi media di comunicazione, il team di medici che ha seguito l’operazione, coordinati dal ricercatore inglese Geoff Raisman, ha potuto riscontrare degli effettivi miglioramenti nella mobilità del signor Darek, il quale dopo aver avvertito una “lievissima ripresa dei muscoli della coscia (…) è stato capace di fare il primo, delicatissimo, passo“. La notizia ovviamente è sempre stata accompagnata dalle immagini proposte per prima dall’emittente televisiva inglese BBC, che ritraevano il signor Darek muovere qualche passo appoggiato a delle parallele o con l’utilizzo di un deambulatore e munito di tutori stabilizzanti degli arti inferiori.
Tutto ciò è bastato a molti organi di informazione – ha affermato il presidente FAIP, Vincenzo Falabella per annunciare il miracolo della guarigione con la proverbiale e ricorrente strategia comunicativa, vorace e consumistica, di chi strumentalmente abdica al principio della accuratezza e correttezza dell’informazione a favore della sensazione ad effetto che travisa il significato autentico della notizia”.
Più volte da queste ed altre pagine abbiamo insistito sulla assoluta necessità di trattare temi delicati come quello della salute nel massimo rispetto delle persone che ne sono interessate e degli encomiabili sforzi della ricerca scientifica seria e validata. Tuttavia ancora una volta ci vediamo costretti a dovere intervenire e rimarcare alcune forzature che sono state messe in atto anche in questo caso e che sono emerse dopo uno specifico approfondimento dell’articolo apparso sulla rivista scientifica Cell Transplantion. Ringraziamo per questo il professor Giorgio Scivoletto dell’IRCCS, Santa Lucia di Roma che ha voluto offrire delle delucidazioni in merito a quanto riportato nell’articolo pubblicato.
Innanzitutto è giusto specificare che a differenza di altri casi la frontiera della ricerca scientifica intrapresa dai ricercatori anglo polacchi è meritevole senz’altro di attenzione e si basa su protocolli pubblici, controllabili e ripetibili, ovvero contiene in sé i criteri per essere definita scientifica e quindi oggettiva. Pertanto condividiamo velatamente l’entusiasmo di chi ripone speranze ed ottimismo nella sperimentazione ma senz’altro non siamo disposti a barattare l’ottimismo con la mistificazione dei fatti che alimenta false illusioni.
Da una lettura più attenta ed analitica degli esiti della sperimentazione in oggetto abbiamo appreso, contrariamente a ciò che veniva descritto e annunciato dai media, che in nessun passaggio dell’articolo pubblicato si parla chiaramente di un miglioramento dal punto di vista funzionale né di un recupero della deambulazione e della funzione sessuale. Dalle immagini trasmesse, che hanno avuto senz’altro un impatto forte sull’opinione pubblica, sembra che il signor Darek riesca a camminare sulle parallele o con un deambulatore e dei tutori stabilizzanti; ma una performance di questo tipo nella fattispecie non testimonia di alcun recupero funzionale dovuto all’intervento specifico, dato che rimane un risultato alla portata di un giovane adulto motivato, con una lesione midollare di basso livello (come quella descritta in Cell Transplantion) e che per circa sei mesi consecutivi è stato sottoposto ad un training riabilitativo intensivo (ovvero di 4-5 ore al giorno). Date queste condizioni, non si può affermare da un punto di vista scientifico che l’outcome osservato dipenda da un recupero motorio e quindi dall’intervento realizzato in fase di sperimentazione.
Gli autori stessi si sono riservati di approfondire la natura di alcune variazioni registrate nei parametri dell’esame urodinamico che possono far pensare ad un impatto positivo sulla funzione urinaria, un aspetto molto interessante ma che merita ancora molti studi ed ulteriori approfondimenti.
Sono state registrate tendenze positive negli esiti degli esami neurofisiologici ed una contestuale riduzione delle dimensioni della lesione alla RM, aspetti che possono far pensare che l’intervento abbia avuto comunque qualche effetto – così come sostiene il professor Scivoletto, il quale, pur sottolineando le potenzialità insite nelle sperimentazioni effettuate, non nasconde la prudenza nell’avanzare eclatanti annunci così come accaduto da più parti negli ultimi giorni.
La FAIP, attraverso il proprio presidente ha voluto ancora una volta ribadire la necessità di mantenere sempre alta l’attenzione verso le opportunità che la scienza può offrire ma senza mai dimenticare che ogni intervento assume una vera rilevanza sociale se ha ricadute effettive sulla qualità di vita delle persone”Bisogna evitare di gridare al miracolo incalza Falabellaogni qual volta viene fuori una notizia di questo tipo seppur portatrice di positivi riscontri. Riconosciamo la validità del metodo e della ricerca ma siamo abbastanza grandi da pensare che la vita di una persona con lesione al midollo spinale si possa risolvere ocomunque migliorare stando in posizione eretta o muovendo due passi in ambiente protetto e con l’ausilio di un deambulatore. Facciamo attenzione a non confondere il mezzo con il fine ovvero a credere che il recupero di un movimento funzionale seppur auspicabile possa essere immediatamente tradotto con un miglioramento della qualità di vita, perché la questione è un po’ più complessa e implica un’analisi a più ampio spettro”. 

Tratto dal sito www.faiponline.it