IL DOLORE NOCICETTIVO

Nello scorso numero de l’Informatore era stato trattato ampiamente il dolore neuropatico, cioè quel tipo di dolore che nasce dalle strutture nervose, tipico delle persone con mielolesione. Un dolore che tende a cronicizzarsi ed è resistente alle normali terapie antidolorifiche. In questa sede trattiamo invece il dolore nocicettivo che non è tipico di queste persone, ma è ugualmente fastidioso, a volte anche molto e che può anche peggiorare la nostra autonomia.

La redazione


Il dolore nocicettivo è il dolore cosiddetto “utile” (anche se fastidioso e talvolta difficile da sopportare) perché che ci indica che qualcosa non va, nasce nei normali recettori del dolore presenti a livello della pelle, delle articolazioni, dei muscoli, dei visceri etc. La stimolazione di questi recettori con meccanismi differenti (pressione, puntura, calore, freddo, irritazione chimica, infiammazione, etc) genera dei “potenziali” elettrici che lungo i nervi spinali e poi lungo le vie ascendenti midollari giungono a varie nuclei e aree corticali. È a questo livello che viene elaborata la sensazione cosciente e consapevole del dolore. Generalmente questo tipo di dolore è correlato all’intensità del danno, ed è localizzato in un determinato punto o ha una determinata irradiazione che è tipica per ogni dolore (ad esempio il braccio e la spalla per l’infarto cardiaco oppure l’inguine per il dolore dell’anca, il braccio per un dolore da ernia cervicale o da artrosi della stessa etc).

In genere risponde bene ai farmaci comunemente utilizzati. Viene descritto in vario modo a seconda che prevalga una irritazione delle strutture nervose (formicolio, scossa, bruciore, fitta) oppure che siano più coinvolte le strutture osteo articolari (dolore sordo, con senso di blocco, fitte conseguenti al movimento, senso di peso).

I tipi di dolore nocicettivo più comunemente presenti nel paziente con lesione al midollo spinale sono legati a strutture sovra lesionali, vale a dire ai distretti corporei ed in particolare alle articolazioni che stanno sopra il livello di lesione. Essi sono ad esempio la spalla dolorosa (periartrite ma non solo), dolore legato a retrazione tendinee da immobilità, dolore legato agli spasmi o contratture muscolari. Occorre precisare che anche le strutture sottolesionali possono infiammarsi o avere motivi per “lamentarsi”; pensiamo ad esempio ad una frattura di femore o ad una ustione in un soggetto con lesione dorsale completa: il dolore riferito sarà vago, non localizzabile, mediato da altre manifestazioni (esempio spasmi, crisi neurovegetative). Questo perchè il percorso del dolore cosciente è interrotto e si “cortocircuita” a livello sottolesionale.

Quindi la persona con lesione midollare può avere una alterata o assente percezione del dolore nocicettivo sotto il livello di lesione (a seconda della completezza del danno), ma rimane perfettamente in grado di sentirlo per quanto riguarda la parte corporea che vi sta sopra.

Ciò significa che una persona con lesione al midollo spinale si ammala o soffre di patologie concomitanti avvertendo gli stessi dolori nocicettivi simili a quelli di ogni altra persona.

Riferendoci alle strutture articolari, ad esempio, i meccanismi chiamati in causa sono fondamentalmente l’invecchiamento, l’usura, l’infiammazione da sovraccarico, i traumatismi.

Per il primo meccanismo… né le persone normoabili né quelle con mielolesione hanno armi per difendersi! La degenerazione delle strutture cartilaginee articolari e tendinee, e la formazione di artrosi, fanno parte di un fisiologico processo di invecchiamento.

Per il secondo, l’usura articolare, si presenta sotto varie forme, alcune delle quali interessano in modo particolare la persona con disabilità.

In linea generale occorre ricordare che le articolazioni (considerate un sistema fatto da due capi ossei, una capsula articolare e vari tendini e muscoli) risentono del sovraccarico funzionale e dell’alterata dinamica articolare. Per sovraccarico si intende ad esempio il peso o l’utilizzo eccessivo che una articolazione deve sopportare: si pensi alla pesante sollecitazione delle ginocchia che sostengono una persona obesa o alla colonna dorso lombare nelle persone che svolgono attività lavorative impegnative; per alterata dinamica articolare si intende invece il lavoro in modalità asimmetrica delle articolazioni dovuto ad anomala conformazione corporea (ad esempio dismorfismi della colonna vertebrale quali la scoliosi), allo squilibrio generato sulle articolazioni dall’alterato funzionamento per squilibrio muscolare (es. paralisi incomplete delle braccia).

Ma veniamo ai “vostri e nostri dolori”

Partiamo prima dalle persone che hanno una lesione incompleta, ad esempio, ma deambulanti. Notoriamente l’ipertono che spesso accompagna queste sindromi è variamente distribuito e asimmetrico. Così succede che i muscoli lavorino in modo “irregolare”, determinando contratture talvolta dolorose e, alla lunga, deformità o maggior usura di alcune articolazioni. Non è raro infatti trovare scoliosi, dovute ad una distonia dei muscoli paravertebrali, oppure sovraccarichi muscolari sulla parte interna del ginocchio, sull’anca o sul piede. Un piede o delle ginocchia in precedenza normoconformate possono subire alterazioni (piede piatto, valgismo del ginocchio o altro) Alla lunga tutto questo può determinare manifestazioni dolorose o infiammazioni articolari in sede ma anche in distretti corporei lontani (es colonna lombare o cervicale).  Infatti val bene ricordare, analizzando il sistema osteo articolare, che il nostro corpo è un tutt’uno e che alterazioni ad esempio nel tratto lombare possono ripercuotersi sulla colonna cervicale.

Diversa è la condizione della persona con lesione completa (o incompleta, ma non deambulante) che utilizza la carrozzina. In questo caso, a parte malattie infiammatorie che possono comunque colpire tutte le articolazioni, di solito quelle degli arti inferiori non sono punto di partenza per sintomatologie algiche. Le principali sindromi dolorose sovralesionali in questi casi riguardano la spalla, il gomito, i polsi; spesso troviamo coinvolto anche il tratto cervicale.

La spalla dolorosa del para-tetraplegico viene classicamente definita come “periartrite”. Il dolore origina non tanto dai capi articolari quanto piuttosto da un insieme di tendini appartenenti alla cuffia dei rotatori e ad altri muscoli (es bicipite brachiale). L’usura di queste strutture è determinata, tra le altre, da due attività principali: la spinta della carrozzina, e i trasferimenti dalla carrozzina al letto, alla macchina etc.; da considerare anche l’attività sportiva, se e quando svolta a livello agonistico. Il dolore è il tipico dolore di spalla: notturno, con difficoltà a “dormirci sopra”, accentuazione nei movimenti ampi, in particolare nella circonduzione completa. Nel caso di una tendinite del bicipite il dolore è anteriore e a volte si accentua col sollevamento di pesi.

Nelle persone con tetraplegia, a seconda del livello di lesione, le attività di spinta o i trasferimenti possono venir eseguiti con “movimenti trucco” o con strategie che permettono, entro certi limiti, di superare la paralisi di alcuni muscoli (ad esempio il tricipite).

Un’altra patologia che può determinare dolore è la compressione del nervo mediano a livello del polso. È quella che viene chiamata “sindrome del tunnel carpale”, dal nome di una specie di doccia coperta da un ligamento all’interno della quale passa il nervo mediano. Anche in questo caso la spinta sulla carrozzina o i continui trasferimenti possono determinare un ispessimento dei tessuti, o fenomeni artrosici, che, restringendo questo solco, provocano una irritazione del nervo. I sintomi sono sensitivi (formicolii, scosse, addormenta addormentamento delle dita centrali della mano) ma anche dolorosi, che coinvolgono la mano e possono talvolta risalire all’avambraccio e al braccio.  Nelle vicinanze del polso vi è un’altra struttura che può rivelarsi fonte di dolore: è l’articolazione metacarpo-falangea del pollice. A questo livello è facile che si possa instaurare un’artrosi precoce (rizoartrosi) in conseguenza dell’appoggio sulle ruote, in particolare per le persone con lesione C6.

Altre sindromi dolorose insorgono come conseguenza di accorciamenti muscolari. Nella persona con lesione incompleta questi possono verificarsi a causa degli squilibri di tono. Un classico esempio è il piede equino, che è spesso causa di fascite plantare, o delle dita a “griffe”. I dolori possono essere particolarmente forti e localizzati a livello dell’avampiede e dei punti di maggior appoggio. Nelle persone con lesioni superiori a C6 è facile reperire sindromi dolorose in conseguenza di accorciamenti muscolari del bicipite brachiale e del coracobrachiale in quanto questi muscoli non sono bilanciati dagli estensori dell’avambraccio (tricipite). La contrattura che ne consegue può determinare dolore sia al gomito che alla spalla.

Una parola, per finire, sui dolori cervicali. Anche in questo settore il dolore ha prevalente origine, almeno inizialmente, da un disturbo posturale. La posizione forzata in carrozzina, specie se questa non è corretta, determina alla lunga dolori muscolari al collo ed alle spalle. Nelle lesioni cervicali, vuoi a causa della frattura, vuoi a causa dei mezzi di sintesi o degli innesti ossei, si viene a determinare una riduzione dell’articolarità e quindi dei movimenti del collo. Questa alterata dinamica provoca in molti casi artrosi anticipata o irritazione delle radici con conseguenti brachialgie etc.

Due parole meritano anche le sindromi dolorose che si manifestano in conseguenza delle calcificazioni paraarticolari. Il discorso è lungo e meriterebbe una spiegazione a sè stante. Molto sinteticamente sono dei manicotti ossei che si formano per lo più a livello delle anche nei primi mesi dopo la lesione. Sono rare ma non rarissime. Il processo infiammatorio che è causa e conseguenza al tempo stesso produce stimoli algogeni importanti, talvolta associati a febbricola.

La lunga litania di dolori non è sarebbe finita, ma è meglio fermarci qui. La persona con lesione midollare ha caratteristiche particolari ma non per questo è esente dai dolori di tutti i comuni mortali. Certo, la sua disabilità, può far sì che quello che per un soggetto deambulante può essere un banale mal di schiena, per la persona con lesione al midollo spinale diventi una condizione di sofferenza più ampia con aggravio, seppur temporaneo della disabilità.

Per quanto detto è importante comprendere che mantenere in modo adeguato la propria “carrozzeria “cercando di limitare le occasioni che determinano l’usura delle strutture articolari o che, alterando la postura, causano irrigidimenti muscolari, etc è utile, anzi, necessario.

Quando la sola prevenzione non basta, o davanti all’insorgenza di dolori acuti è chiaro che si deve ricorrere ai farmaci. Sono gli analgesici, gli antiinfiammatori steroidei (cortisonici) e non; i miorilassanti.

Non vanno dimenticate, anzi andrebbero valorizzate, tutte le forme di terapia manuale e fisica. Di volta in volta si può ricorrere a:

– terapie fisiche (laser, correnti antalgiche, ultrasuoni,..)

– mobilizzazioni articolari,

– ri-aggiustamenti posturali attraverso il potenziamento o rilassamento muscolare

– massoterapia – modifica della seduta in carrozzina, riduzione del sovraccarico nella spinta – trattamenti locali con tossina per detendere contratture settoriali dovute alla spasticità

– agopuntura per le situazioni algiche locali (spalla, collo,..)

In una parola, cercare, gestire e mantenere una accorta economia delle nostre articolazioni consente di preservare il più a lungo possibile il nostro benessere.

dott. Renato Avesani

Direttore del Dipartimento di Riabilitazione

dell’Ospedale di Negrar