Arrivato a Roma con due amici per l’Angelus in piazza San Pietro

Ha percorso 750 chilometri, da Tregnago, un paese in provincia di Verona, a Roma, su una bici trike, con carrello al seguito e la compagnia di due amici che lo hanno affiancato in bicicletta. Così Stefano Pasini è riuscito a coronare il suo sogno, spingendo con la forza di volontà, almeno
forte quanto quella delle cosce, perché i polpacci delle gambe non rispondono più ai comandi, dopo l’incidente in mountain bike di tre anni fa che gli ha lesionato una vertebra.

L’idea, in realtà, era nata nella mente dell’amico Giancarlo Saggioro, ma Stefano l’ha presa al volo, mettendoci entusiasmo e forza, anche perché una trasferta in bici fino a Roma era stata un’impresa realizzata dal fratello nel 2012 con alcuni amici, che lui avrebbe voluto ripetere. Alla coppia si è unito poi Giorgio Bravi, esperto di mountain bike, che ha programmato tutto portando il suo enorme bagaglio di esperienza in materia di gestione e di tranquillità.

«Per noi è stata una bella prova mettersi in gioco con lui», dicono Giorgio e Giancarlo, «perché eravamo preoccupati per quello che ci aspettava e per come avremmo affrontato certe difficoltà che sono piccoli inconvenienti per il ciclista, ma diventano insormontabili per chi ha una disabilità. Invece Stefano ci ha sorpresi, perché credevamo di dovergli essere d’aiuto in tante cose e invece coglieva al volo le situazioni di difficoltà e ci sapeva precedere. Ha fatto la sua parte coinvolgendoci in un viaggio tranquillo, che ci ha permesso di goderci paesaggi e luoghi. In Toscana, in certi momenti avevamo la sensazione di pedalare dentro un quadro», rivelano. «La tappa più dura è stata la salita da Maranello all’Abetone, 1.388 metri di dislivello che si sono fatti sentire nella spinta su una bici che ha la batteria ausiliaria, ma ha anche un peso di 25 chili e un carrellino al seguito di 12 chilogrammi, caricato con altri 25 chili di effetti personali e materiale necessario per le riparazioni», spiega Stefano.

L’idea era di percorrere la via Francigena, da Siena a Viterbo, e poi seguire la ciclabile che porta direttamente in piazza San Pietro, «ma c’è stato l’imprevisto di tanti ostelli chiusi a causa del Covid e la necessità di uscire dal percorso per trovare una sistemazione per la notte», ricostruisce Stefano, che non nega di aver ancora nelle gambe lo sforzo dei 7mila metri di dislivello del tracciato.

Ogni giorno erano 6-9 ore di pedalata, mediamente un centinaio di chilometri percorsi da mattina a sera. Gli inconvenienti non sono mancati, come le forature, la rottura della catena, «ma l’autonomia meccanica e di viveri ci hanno sempre dato la garanzia e la tranquillità che deve avere chi si avventura in simili imprese», sottolineano i tre amici.

La soddisfazione è stata di arrivare in piazza San Pietro e poter assistere con le proprie bici all’Angelus domenicale di papa Francesco: «Non era affatto scontato, perché c’è il divieto di entrare sulla piazza con le biciclette, ma abbiamo trovato dei poliziotti eccezionali che ci hanno permesso di farlo, addirittura prendendosi l’impegno di scortarci», rivelano. «Più che pedalare, per noi è stata un’esperienza umana, che ci resterà dentro per tutta la vita», concordano.