Accertamento tecnico preventivo contro rigetto verbale Inps che nega l’accompagnamento: modello dell’atto giudiziario e istruzioni per il giudizio

Non sono poche le situazioni in cui il cittadino con un grave handicap – fisico o psichico – si trova a vedersi rifiutare la domanda per l’indennità di accompagnamento. Questo perché il semplice riconoscimento dell’invalidità non implica anche il diritto all’accompagnatore. Per quest’ultimo beneficio, è necessario un ulteriore presupposto: l’impossibilità a provvedere da soli ai compiti della vita quotidiana. La semplice “difficoltà” (superabile, ad esempio, con un bastone) non è sufficiente.

Tuttavia, può ben succedere che l’Inps rigetti la domanda di accompagnamento pur sussistendone i presupposti. Nel qual caso si dovrà fare un ricorso in tribunale, ricorso che va sotto il nome di «accertamento tecnico preventivo». Si tratta di una procedura particolare, diversa dalla consueta causa.

Vediamo insieme qualche informazione generale e la procedure da seguire .

Indennità di accompagnamento: quando spetta?

Le condizioni per ottenere l’indennità di accompagnamento sono due:
• inabilità totale (ossia al 100%) per problemi fisici o psichici;

• impossibilità a deambulare in modo autonomo senza l’aiuto permanente di un accompagnatore oppure impossibilità a compiere gli atti quotidiani della vita senza un’assistenza continua. In questo secondo caso vi rientra anche chi non è costretto a una sedia a rotelle (si pensi a un malato di Parkinson).

Il beneficio assistenziale viene riconosciuto a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda amministrativa. Contro il giudizio sanitario della commissione medica per l’accertamento dell’invalidità è possibile promuovere un ricorso in tribunale entro 6 mesi dalla notifica del verbale sanitario. Il termine è perentorio: una volta scaduto il semestre si può solo presentare una nuova domanda amministrativa.

Come si svolge il ricorso contro verbale Inps che nega indennità di accompagnamento

Come anticipato, si ha solo 6 mesi per fare ricorso in tribunale contro il verbale Inps che nega l’accompagnamento. Ovviamente a presentare il ricorso dovrà essere un avvocato. Il giudice nominerà un consulente tecnico d’ufficio (Ctu) ordinandogli di eseguire una perizia medica sulla persona con disabilità al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per la richiesta di invalidità. Il professionista, effettuata la visita, invia la bozza di perizia agli avvocati delle parti.

Questi dovranno a loro volta indicare al perito le proprie osservazioni prima dell’udienza successiva. Il perito farà poi una relazione conclusiva che invierà al giudice.

Se le parti non presentano contestazioni contro la perizia, il giudice emette l’omologa e, se detta perizia riconosce la sussistenza dei presupposti per l’accompagnamento, l’Inps è obbligato a riconoscere il beneficio e a pagare le mensilità entro 120 giorni.

Se, invece, una delle parti presenta opposizione contro la perizia, si incardina una vera e propria causa per l’accertamento, più approfondito e con tutte le prove, del diritto del cittadino