«Condotta discriminatoria ai sensi della Legge 67/06»: questo ha stabilito l’importante Sentenza n. 24936 depositata il 7 ottobre scorso dalla Seconda Corte di Cassazione Civile, e destinata a creare un prezioso precedente giurisprudenziale.
Il provvedimento ha rovesciato una precedente Sentenza della Corte d’Appello di Torino, accogliendo il ricorso di una persona con disabilità sostenuta dall’UTIM (Unione per la Tutela delle Persone con Disabilità Intellettiva).
In sostanza, la Sentenza della Suprema Corte ha stabilito che anche le persone con disabilità che non hanno la patente e un’auto propria, come coloro che hanno problemi intellettivi o motòri molto gravi, abbiano diritto a parcheggiare gratuitamente l’automobile di chi li accompagna nei posti con le strisce blu, quando siano occupati i parcheggi per persone con disabilità.
Tutto parte da una Deliberazione della Giunta Comunale di Torino, secondo la quale solo le persone con disabilità munite di patente e autoveicolo avevano diritto a parcheggiare gratuitamente tra le strisce blu, escludendo invece da tale agevolazione le persone con disabilità senza patente e autoveicolo, salvo nel caso in cui dimostrassero di doversi recare nel centro cittadino almeno dieci volte al mese, per esigenze di lavoro o di cura.
«L’Amministrazione comunale torinese– si legge nella Sentenza della Cassazione , in quanto verosimilmente conscia che gli appositi spazi riservati al parcheggio esclusivo degli invalidi sono normalmente insufficienti ha rilasciato ai disabili muniti di patente e proprietari di veicolo uno speciale permesso gratuito per il parcheggio sulle strisce blu del centro cittadino. Tuttavia nel far ciò, il Comune ha contestualmente posto in essere una condotta discriminatoria indiretta ai danni dei disabili (presumibilmente affetti da una patologia più grave) non muniti di patente e non proprietari di un autoveicolo, che necessitano per i loro spostamenti del necessario ausilio di un familiare, i quali possono fruire dello stesso permesso solo se in grado di documentare accessi frequenti nel centro cittadino per lo svolgimento di attività lavorative, di assistenza e cura».
Per la Suprema Corte, dunque, «non vi è dubbio che una tale previsione si configuri come discriminatoria ai danni di quest’ultima categoria di disabili, in quanto non reputa meritevole di tutela l’accesso gratuito del disabile al centro cittadino per motivi di mero svago e di relazione sociale (come invece consentito ai disabili con patente ed autoveicolo)».
Il motivo della diversità di trattamento prevista dal Comune, conclude la Sentenza, «risiede nell’intento di prevenire abusi nell’utilizzo del permesso speciale da parte degli stessi familiari, ma se è pur vero che tale rischio esiste non può certo essere risolto negando un diritto», semmai predisponendo «un adeguato, e anche severo, sistema di controlli e sanzioni».
Ora, dunque, la Corte d’Appello di Torino dovrà rimuovere gli effetti discriminatori della Deliberazione della Giunta Comunale, estendendo anche alle persone con disabilità più grave il trattamento previsto per le persone con disabilità munite di patente e autovettura, oltre a dover riesaminare anche le domande di risarcimento danni presentate dalle persone con disabilità discriminate.
Articolo ripreso da Superando.it