Dove si paga

L’imposta di soggiorno, chiamata anche tassa di soggiorno, è un’imposta applicata su chi soggiorna in strutture ricettive alberghiere o extra-alberghiere di determinate città italiane o straniere. I costi della tassa di soggiorno variano da città a città a seconda dei regolamenti comunali. L’articolo 4 del dl n°23 del 14 marzo 2011 regolamenta l’imposta di soggiorno e chi ne ha diritto. Non tutti i comuni, infatti, possono applicare la tassa di soggiorno, ma solo alcuni. Si legge al comma 1: «I comuni capoluogo di provincia, le unioni dei comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire con deliberazione del consiglio, una imposta di soggiorno».

Chi deve pagare la Tassa di Soggiorno

Il decreto legislativo che ha introdotto l’imposta di soggiorno in Italia spiega anche chi deve pagare la tassa. L’imposta è «a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio». L’imposta di soggiorno, quindi, è un’imposta fissa richiesta ai turisti, ovvero alle persone che alloggiano presso le strutture ricettive di quei comuni che adottano lo strumento fiscale. Le strutture ricettive, che siano alberghiere o extra-alberghiere, assumono il ruolo di agente contabile.

L’host, infatti, ha l’obbligo di riscuotere l’imposta di soggiorno secondo le modalità stabilite dal proprio comune. Precedentemente i gestori delle strutture ricettive erano identificati come sostituto d’imposta. A far chiarezza sul ruolo del gestore ci ha pensato la Corte dei conti. Con la delibera del 19 gennaio 2013 la Corte dei conti ha stabilito che i gestori delle strutture ricettive non possono essere identificati come sostituti d’imposta, ma come agenti contabili. Nei fatti questo ha modificato poco, se non la necessità, da parte degli host, di dover compilare il Mod. 21.

Finalità

La tassa di soggiorno è stata introdotta in seguito alla riforma sul federalismo fiscale. Con il federalismo fiscale si è data la possibilità ai comuni di istituire i cosiddetti “tributi comunali di scopo”, tra cui l’introduzione dell’imposta di soggiorno. I proventi della tassa di soggiorno quindi devono essere reinvestiti dal comune solo ed esclusivamente nell’ambito turistico. «Il relativo gettito – si legge al comma 1 dell’articolo 4 del D.Lgs. del 14 marzo 2011 n. 23 – è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

Quanto costa

Se a Roma la tassa di soggiorno può arrivare fino a 10 Euronel resto d’Italia non può superare i 5 euro. Anche in questo caso è il D.Lgs. 14 marzo 2911 n. 23 a dettare i vincoli. La tassa di soggiorno bisogna applicarla «secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo sino a 5 euro per notte di soggiorno». Di solito i prezzi variano da 1 a 5 euro a notte in base alla tipologia d’alloggio e alle stelle dell’albergo. In alcuni casi si decide di applicare la tassa di soggiorno una tantum, indipendentemente dalle notti di soggiorno. In tutti i casi la tassa di soggiorno va pagata direttamente presso la struttura dove si alloggia.

Esenzioni

Come è stato specificato, tutti coloro che pernottano nei comuni dove sussiste l’imposta di soggiorno, devono pagare il tributo presso la struttura dove soggiornano. Ma ci sono delle eccezioni.
Di solito sono esenti dal pagamento dell’imposta:

  • bambini fino ai 10 anni, a volte 14 anni ma anche 18.
  • Chi pernotta presso gli ostelli della gioventù
  • malati
  • disabili
  • Gli accompagnatori di persone malate o disabili (di solito uno per paziente)
  • genitori di malati minori di diciotto anni
  • Gli autisti e gli accompagnatori turistici (di solito uno ogni 20/25 partecipanti)
  • residenti e a volte anche gli iscritti all’anagrafe (quindi gli aire)
  • Le forze armate

Le esenzioni sono spesso subordinate alla presentazione al gestore della struttura diapposita certificazione attestante lo stato di residenza, di salute o di lavoroIn alcuni casi l’imposta di soggiorno è prevista solo in alcuni periodi dell’anno. In questo caso la tassa si applica nei periodi di alta e/o media stagione, ad esclusione della bassa stagione.

Obblighi dell’host

Come già spiegato, l’imposta di soggiorno è applicata a chi pernotta nelle strutture ricettive e non alle strutture stesse. La funzione degli hotel, dei bed and breakfast o più in generale degli host è quella propria degli agenti contabili. Il soggetto responsabile degli obblighi tributari, quindi, è il gestore della struttura ricettiva. Nel caso in cui ci siano errori o violazioni degli obblighi in merito al pagamento della tassa di soggiorno è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria per le strutture ricettive che parte da un minimo di 25€ ad un massimo di 500€ ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, del D.Lgs. n.267/00.

Siccome il gestore delle strutture ricettive, secondo la sentenza N. 00653/2012 del Tar del Veneto, non può coprire il ruolo di “sostituto di imposta”, ma “responsabile di imposta” o “agente contabile”, alcuni comuni hanno previsto un modulo da far sottoscrivere ai clienti che si rifiutano di pagare la tassa di soggiorno.

Agenti contabili

I gestori delle strutture ricettive sono stati qualificati come “agenti contabili” in seguito alla delibera della Corte dei Conti n. 19/2013. Per questo motivo i gestori delle strutture ricettive devono trasmettere al Comune, entro il 30 gennaio di ogni anno, il conto della gestione relativo all’anno precedente, redatto su un apposito modello (modello 21) per il successivo inoltro alla Corte dei Conti.

In caso di mancato pagamento, comunque, il gestore ha l’obbligo di comunicare al comune le generalità del cliente, ma solo se espressamente richiesto nel regolamento comunale sulla tassa di soggiorno.

In generale il gestore ha l’obbligo di:

  • Verificare le generalità del cliente e se non abbia diritto all’esenzione
  • Calcolare l’importo effettivo dell’imposta di soggiorno per ogni cliente
  • Chiedere e ricevere il pagamento dell’imposta
  • Fare e rilasciare una copia della ricevuta di pagamento dell’imposta al cliente
  • Nel caso di rifiuto fare quanto specificato dal regolamento comunale sull’imposta di soggiorno
  • Fornire al comune le generalità di chi soggiorna, secondo le modalità specificate nel regolamento comunale
  • Versare al comune le somme riscosse nei modi specificati dal regolamento comunale
  • Conservare le ricevute dei pagamenti dell’imposta di soggiorno e la documentazione per esenzione per un periodo di 5 anni ed esibirle quando richieste dal comune

Storia della tassa di Soggiorno in Italia

La prima tassa di soggiorno in Italia è stata introdotta l’11 dicembre 1910 con il sigillo del re Vittorio Emanuele III. La legge prevedeva la tassa di soggiorno solo nei comuni con stabilimenti idroterapici, stazioni climatiche e stazioni balneari. La legge è stata successivamente ampliata durante il ventennio fascista con il Regio decreto-legge del 24 novembre 1938. Con il Regio decreto legge si è estesa la possibilità di applicare l’imposta di soggiorno in tutte le altre località italiane di interesse turistico. Con il Real Decreto l’imposta ha cambiato formalmente anche nome, passando da tassa di soggiorno a imposta di soggiorno. Tale legge è stata poi abolita il 1° gennaio 1989.

In Italia l’imposta di soggiorno è stata re-introdotta in seguito alla promulgazione della legge n° 42/2009 sul federalismo fiscale. La riforma fiscale del 2009, infatti, ha dato la possibilità agli enti locali di usufruire di alcune riscossioni fiscali. Uno dei primi settori ad essere interessati dal federalismo fiscale è stato proprio quello turistico. Il primo provvedimento in merito alla tassa di soggiorno è stato adottato per la sola capitale d’Italia.

Il caso Roma

Tassa di soggiorno – Roma la prima città italiana a istituire l’imposta di soggiorno

Con il decreto legge n° 78 del 31 maggio del 2010 si è data la possibilità di introdurre l’imposta di soggiorno a carico di chi soggiorna nel solo comune di Roma. Con l’articolo 14, comma 16 paragrafo e, del decreto legge 78/2010 viene introdotto «un contributo di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione fino all’importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno». Il“contributo di soggiorno” a Roma è stato approvato definitivamente il 22 dicembre 2010 con la delibera n° 38. In quell’occasione è stato fissato a 3 euro il prezzo massimo di contribuzione a notte. La tariffa massima è stata poi portata a 7 euro nel 2014 per gli alberghi a 5 stelle.

Il resto d’Italia

Il decreto legislativo n°23 del 14 marzo 2011 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) ha dato l’opportunità ad altri comuni italiani di poter istituire la tassa di soggiorno. Tale facoltà non è stata concessa a tutti i comuni però. A poter introdurre la tassa di soggiorno in Italia, attualmente, sono i comuni capoluogo di provincia, le unioni dei comuni e i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte.

da Interception.it