LA PREVENZIONE

 

Si calcola che circa l’80% delle persone con lesione al midollo spinale abbia presentato ulcere da pressione (comunemente dette anche lesioni  o piaghe da decubito) almeno una volta nella vita, ed oltre il 30% più di una volta: prevenire le ulcere da pressione è dunque un impegno quotidiano per chi ha subito una lesione midollare.

Si tratta di complicazioni fastidiose e talvolta  serie che, oltre ad ostacolare la piena partecipazione alle proprie attività, possono mettere a repentaglio la salute, per non parlare dei costi legati al trattamento e alla degenza ospedaliera.

Fortunatamente  più del 90 % delle ulcere da pressione possono essere prevenute con un’attenta cura della propria pelle.

Cosa sono e dove si formano le ulcere da pressione

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L’ulcera da pressione è un’area  della pelle e del tessuto sottostante che è sofferente o morta a causa del mancato apporto di sangue  nel territorio interessato.

La causa più comune è rimanere appoggiati per un periodo di tempo prolungato su zone del corpo dove sono presenti sporgenze ossee.

 

 

Fattori di rischio

 

• la ridotta mobilità, che costringe a letto o in carrozzina

• l’umidità, specie in caso di contatto prolungato  con feci o urine

• la perdita di sensibilità che non permette di avvertire la presenza di lesioni della  pelle come taglietti, abrasioni, piccole ustioni

• la spasticità che può esporre certe zone del corpo a  sollecitazioni di pressione o a traumi

• lo sfregamento della cute durante i trasferimenti

• l’obesità o la magrezza eccessive

 

Gli stadi dell’ulcera da pressione

 

Il più frequente segno iniziale è la comparsa  di un arrossamento della pelle. Normalmente, se si interrompe la compressione della zona interessata, l’arrossamento scompare nel giro di una mezz’ora e la cute si schiarisce. Quando questo non avviene significa che è iniziata una lesione da pressione. Nelle persone di pelle scura la cute può diventare secca, assottigliarsi, sfaldarsi o assumere un colorito cenere.

Un altro indizio sospetto è un’area di pelle più calda del normale o un cambiamento del suo aspetto consueto.

Vi sono 4 stadi della lesione7 :

Il danno è limitato agli strati più superficiali (epidermide e derma). La cute non è interrotta; l’arrossamento non scompare quando lo si preme con un dito.
Il danno si estende al tessuto grasso sottostante la cute. La pelle può apparire solo leggermente lesionata, oppure possono comparire un’escoriazione o una vescica.
La lesione, oltre a danneggiare la pelle ed il grasso sottocutaneo, si approfondisce coinvolgendo il tessuto muscolare. In questo stadio la lesione superficialmente può apparire nera con la consistenza del cuoio, circondata da una zona di arrossamento dura ed estesa, oppure può aprirsi  un cratere profondo dal quale esce materiale sieroso o purulento.
Il danno si estende  agli strati più profondi fino ad interessare l’osso, spesso si formano tragitti fistolosi dai quali esce pus.
Consigli per la prevenzione

 

Controllare la propria pelle due volte al giorno, mattina e sera. Esaminare (o farsi esaminare) con attenzione le zone di cute arrossate o lesionate, soprattutto dove esistono sporgenze ossee. E’ necessario conoscere e controllare bene, con l’aiuto di uno specchio, le aree più a rischio cioè le zone ischiatiche (dove il corpo appoggia sul cuscino nella posizione seduta), le zone trocanteriche (le sporgenze dell’osso femorale), il sacro, il solco fra i glutei, i malleoli, il talloni e la pianta del piede.
Usare presidi (materassi, sedili, cuscini) adeguati e gonfiati al giusto livello. Farsi consigliare per questo dagli operatori dell’Unità Spinale.
Prestare attenzione alle scarpe, che non siano troppo strette o rigide, ed agli indumenti, che non abbiano cuciture spesse, bottoni o cerniere in zone sottoposte a pressione.
Cambiare posizione frequentemente per evitare di pesare troppo a lungo sulla stessa zona. In particolare:
–     quando si è in carrozzina, alleggerire il carico almeno ogni 15-20 minuti. Nel caso di lesioni a livello C4 o superiore con l’uso una carrozzina basculante, nel caso di lesioni C5-C6, inclinandosi in avanti o da un lato all’altro,  nel caso di  lesioni da C7 in giù, sollevandosi sulle braccia  per una decina di secondi;

–     quando si è a letto a letto cambiare posizione  almeno ogni 2 ore.

§  Tenere la pelle pulita ed asciutta, lavandola ed asciugandola  bene, specie in caso di perdita d’urina o feci, e cambiando gli indumenti umidi. Sulla pelle usare di preferenza lozioni invece di preparati in polvere.

 

§  Seguire una dieta bilanciata, evitando eccessi ed alcolici, aiuta a mantenere la pelle in buona salute. Il sovrappeso aumenta evidentemente la compressione, mentre la magrezza accresce il rischio a livello delle sporgenze ossee, per la mancanza del “cuscinetto” adiposo sottocutaneo.

 

§  Proteggere la pelle da traumi durante  i trasferimenti e l’attività sportiva, ed in generale nel corso di qualsiasi attività che possa esporla sfregamento.

 

§  Fare attenzione alle ustioni (termosifoni , borsa dell’acqua calda).

 

Fonte:

Office of Research Services  Birmingham, Alabama – US

University of Alabama

UAB Spain Rehabilitation Center

 

 

LA CURA

di Monica Baiguini

(neurochirugo in carico allo staff dell’Unità Spinale di Negrar)

 

Lo scopo del trattamento delle piaghe può essere doppio, cioè può essere finalizzato a favorire la guarigione ove possibile oppure alla preparazione del terreno per una buona riuscita del trattamento chirurgico, quando questo sia ritenuto necessario.

Il trattamento delle lesioni da decubito varia in relazione al loro stadio e alle loro caratteristiche, vi sono però atteggiamenti comuni per la cura  di tutti i tipi di piaghe.

Il primo accorgimento è  ridurre il carico sulle zone danneggiate,  quindi il paziente deve  evitare di caricare il peso del proprio corpo sulla  piaga. Nel paziente già dimesso dall’Ospedale e che trascorre buona parte della giornata in carrozzina le zone più a rischio per le lesioni da pressione  sono gli ischi;  è quindi necessario  ridurre al minimo  o meglio ancora  abbandonare per qualche giorno l’uso della carrozzina, onde permettere alla pelle danneggiata di recuperare. Ricordiamo  che quanto si vede in superficie è generalmente solo la punta dell’iceberg: il danno sottostante è  più esteso di quanto sembri, essendo i muscoli e il sottocute più sensibili, rispetto alla pelle, al ridotto apporto di sangue (ischemia) che è alla base  delle lesioni da decubito.

La piaga va pulita ad ogni cambio di medicazione (la frequenza dei cambi dipende dal tipo di medicazione) e la pulizia deve essere eseguita dolcemente, utilizzando normale soluzione fisiologica, senza strofinare, ma in modo da eliminare i tessuti morti oltre ai residui della precedente medicazione.

Non devono essere utilizzate soluzioni disinfettanti che possono danneggiare  il tessuto che sta ricrescendo. Come regola generale le medicazioni dovrebbero essere lasciate in sede il più possibile, ma se la lesione è umida e tende a bagnare la medicazione,  può rendersi necessario il cambio anche due volte al giorno. Inoltre è bene ridurre al minimo l’uso di garze e cerotti che possono a loro volta aver effetto  allergizzante o traumatizzante sulla pelle circostante la piaga.

Ogni piaga poi va trattata in modo diverso, nel senso che  ognuna  ha caratteristiche proprie che possono comunque modificarsi nel corso del trattamento; quindi vi è una evoluzione che necessita di cambi terapeutici che vanno e valutati da chi, medico o  infermiere, abbia esperienza nel campo.

 

Lesione di primo stadio.

 

La lesione di primo stadio si ha quando un iniziale arrossamento  della cute non scompare alla pressione. Il trattamento va dalla riduzione del “carico” sulla zona  all’applicazione DI OSSIDO DI ZINCO, senza bisogno di frizionare. (BABYGELLA).  La medicazione andrà ricoperta con  un film traspirante come  BIOCLUSIVE. Il cambio potrà avvenire  anche una volta ogni 3 giorni se  non vi  saranno infiltrazioni di feci o urina e  se non si nota un peggioramento.

 

Lesione di secondo stadio

 

In questo caso la pelle è interrotta, vi è un interessamento del tessuto  sottostante come un’abrasione o una vescica,. Anche per la cura di queste lesioni ci si basa sull’aspetto della piaga.

Se la pelle è secca e fragile si può applicare il BIOCLUSIVE, monitorandone l’evoluzione  ai cambi  da eseguirsi ogni 3 giorni.

Se la pelle è macerata ed essudante si può cercare di ridurne l’umidità utilizzando un prodotto ad effetto barriera tipo il KATOXIN, da  spruzzare ogni giorno,

Per le lesioni localizzate agli arti viene generalmente utilizzata una garza grassa tipo CONNETTIVINA o JALONET da associare a  pomate  cicatrizzanti (CITRIZAN).

In alternativa alla garza grassa si può usare una idrofibra ad azione cicatrizzante come  AQUACEL, medicazione da sostituire ogni 2/3 giorni. Quest’ultima è una medicazione in grado di assorbire  i fluidi della ferita e di trasformarsi  in un gel  che mantiene l’ambiente adatto alla crescita dei tessuti sani. Ne esiste una formulazione con argento (AQUACEL Ag) da utilizzare nel caso di lesioni infette.

Se il fondo della lesione non appare roseo, ma di color giallo o nerastro  è necessario utilizzare un idrogel (NORUXOL o NUGEL) che  agisce digerendo i tessuti morti.

 

Lesioni di terzo stadio,

 

Queste sono caratterizzate da tessuto necrotico  e asciutto (crosta nerastra). Per la cura  è necessario utilizzare le sostanze che digeriscano il tessuti morti che abbiamo già citato sopra; se invece la lesione è secernente oppure sia presente una cavità è  bene usare una schiuma  in poliuretano  come il LIGASANO da cambiare giornalmente, soprattutto se le secrezioni sono abbondanti.
Il Ligasano può essere utilizzato associato  a NUGEL  o NORUXOL in caso di presenza di tessuto necrotico. Se questo è abbondante la digestione effettuata dalle varie pomate potrebbe essere molto lenta, in tal caso è indicata la pulizia chirurgica che comporta l’asportazione del tessuto necrotico e la preparazione di un letto adeguato a ricevere un eventuale innesto o  a favorire la guarigione della piaga con il trattamento medico.

Se il fondo della lesione appare roseo con presenza di tessuto sano che tende a riempire la cavità è bene favorire  la  crescita dello stesso utilizzando  pomate ad azione cicatrizzante.
Lesioni di quarto stadio

 

Il trattamento  medico di queste lesioni non si differenzia sostanzialmente da quello delle lesioni di terzo stadio. Questo tipo di lesione è però più frequentemente associata a infezioni dei tessuti sottostanti (Osteomielite), soprattutto se presente da molto tempo, e più spesso richiede un trattamento chirurgico per ottenerne la guarigione.

 

Vacuum assisted closure (VAC)

 

Un discorso a  parte merita l’uso della VAC. Il trattamento è basato sull’applicazione di una pressione negativa a livello della piaga che viene riempita di una spugna in poliuretano e poi coperta da un foglio impermeabile. L’uso della VAC viene limitato alle lesioni di terzo e quarto stadio. La VAC favorisce  la rimozione dei fluidi provenienti dalla piaga e la crescita di tessuto sano in un ambiente protetto. Viene applicata da personale esperto ogni 2/3 giorni.

Negli ultimi mesi è stato possibile trattare alcuni pazienti con tale dispositivo, presso il proprio domicilio, servizio offerto dal Distretto di appartenenza, previa relazione del chirurgo plastico che attesti la necessità del trattamento. La VAC trova la sua indicazione principe nella preparazione delle ferite all’intervento chirurgico.

Può essere applicata per 4/6 settimane. Recentemente sono state introdotte in commercio apparecchiature che consentono un lavaggio in continuo della piaga, magari con antibiotico, caratteristica  molto utile nei pazienti con osteomielite.

Il paziente che utilizza la VAC deve presentare condizioni di  nutrizione e  sanguificazione ottimali, in quanto il dispositivo asportando i fluidi dalla ferita asporta anche proteine  e sostanze nutritive che devono essere rimpiazzate.

 

Piaghe  complicate da osteomielite

 

Un ulteriore capitolo nel trattamento delle lesioni da decubito è quello relativo alle piaghe  complicate da osteomielite. Si calcola che circa il 32% delle lesioni di quarto stadio possa  complicarsi con una infezione dell’osso sottostante. Esiste un protocollo per il trattamento delle osteomieliti che prevede:

–       esecuzione di indagini radiologiche come scintigrafia, TAC-  PET, RX normali

–       pulizia chirurgica con asportazione dell’osso e dei tessuti  infetti, con esecuzione di esami batteriologici per individuare il germe responsabile

–       Terapia antibiotica  per almeno 6 settimane dopo l’intervento

–       Terapia  iperbarica

–       Medicazioni a base di pomate antibiotiche o con uso di garza iodoformica

–       Intervento chirurgico definitivo una volta ottenuta una buona pulizia della zona malata.

–       Si consideri che i pazienti  con osteomielite vanno più facilmente incontro a recidiva (17% contro il 4%)

Presso qualche struttura viene utilizzata la stimolazione elettrica con corrente  pulsata a basso o alto voltaggio, trattamento che deve essere comunque associato alla normale cura e pulizia delle piaghe. La corrente diminuisce il tempo di guarigione delle ferite in quanto favorisce  la migrazione verso la zona malata di cellule del sangue in grado di rimuovere i tessuti patologici e stimola la crescita di tessuto sano,  riducendo i fenomeni infiammatori e aumentando l’apporto di ossigeno.

 

Trattamento chirurgico

 

Si apre infine il capitolo del trattamento chirurgico, limitato alle lesioni di terzo e quarto stadio che rispondono poco alla terapia, o di cui si vuole velocizzare la guarigione, oppure complicate da ascessi, osteomieliti, fistole. Il paziente deve essere in buone condizioni generali, e adeguatamente preparato con buon supporto nutrizionale, con la preparazione intestinale e se necessario con trasfusioni di sangue.

Segnaliamo che a volte, se esiste il rischio di macerazione da feci, è indicata l’esecuzione di colostomia (in termini semplici: il sacchetto) temporanea.

Non tratteremo in questa sede dei vari tipi di intervento.

Vogliamo però sottolineare che il paziente dovrà rimanere su un letto fluidizzato,  in scarico dalla zona operata, almeno per tre settimane, riprendendo poi solo gradualmente le normali attività.

Tale zona resta più fragile per circa 2 anni dopo l’intervento e va quindi attentamente controllata.

Sarà inoltre necessario che il paziente operato mantenga un sano stile di vita  alimentandosi in modo vario, con adeguato supporto proteico, facendo attività fisica e astenendosi da atteggiamenti  voluttuari potenzialmente controproducenti come il fumo.