PREVENZIONE UROLOGICA

La gestione della vescica neurologica nella persona con  lesione al midollo spinale:

catetere a permanenza oppure cateterismo intermittente ?

 

Fino ad un passato non molto lontano la causa più frequente di morte della persona con lesione al midollo spinale era l’insufficienza renale. Fortunatamente tale mortalità è scesa dall’80% del periodo della  prima guerra mondiale al 40% di quello della seconda guerra mondiale, e oggi resta al di sotto del 3%.  La sostanziosa riduzione di mortalità e morbilità da cause urologiche e renali si deve a diversi fattori: la migliore conoscenza della fisiopatologia della vescica neurologica, l’avvento degli antibiotici per la cura delle infezioni urinarie, il più frequente monitoraggio delle vie urinarie, l’applicazione di trattamenti riabilitativi specifici più efficaci.

Il trattamento conservativo resta a tutt’oggi la principale modalità di gestione urologica di questi pazienti.

Gli obiettivi primari da perseguire sono la salvaguardia del rene, il miglioramento della continenza urinaria , il recupero anche parziale della funzione vescico-sfinterica, il miglioramento della qualità di vita.

Il principio cardine del trattamento è mantenere basse pressioni vescicali sia in fase di riempimento che in fase di svuotamento per non compromettere le alte vie urinarie.

Per la scelta della modalità di trattamento, oltre alla diagnostica neuro-urologica, sempre -insieme alla persona mielolesa- vanno considerati i bisogni, in base a risorse , abilità e stile di vita.

L’esperienza acquisita ha cambiato l’approccio tradizionale: il catetere vescicale a permanenza, lo svuotamento spontaneo con e senza minzione riflessa e/o manovre, hanno dimostrato di essere meno sicuri rispetto al cateterismo intermittente, oggi considerata la modalità di gestione migliore.

E’ soprattutto il catetere vescicale a permanenza ad essere gravato dal maggior numero di complicanze urologiche e renali nel breve e lungo termine, e da un significativo incremento del  rischio di cancro vescicale superati i dieci anni di utilizzo. Per queste ragioni  le sue indicazioni sono ben precise: fase acuta della mielolesione, estese lesioni da decubito regionali, diuresi elevata e/o irregolare, capacità vescicale ridotta, anomalie dell’uretra, incapacità a gestire in autonomia o con idoneo caregiver altra modalità di svuotamento, in particolare il cateterismo intermittente. Si raccomandano i cateteri in silicone per ridurre il rischio di incrostazioni, il cambio frequente ogni 2-4 settimane, l’ancoraggio sicuro, un’idonea idratazione; da evitare le irrigazioni, da considerare invece la terapia con antimuscarinico (es. ossibotulina) in caso di lesione sovra sacrale  per evitare lo sviluppo di vescica piccola retratta.

 

Anche le manovre per lo svuotamento vescicale assistito appartengono ormai al passato, causa le complicanze, specialmente a lungo termine, e l’applicabilità in sicurezza solo a pazienti selezionati da tenere in stretto monitoraggio.

A queste manovre appartiene la minzione riflessa, ottenuta abitualmente tramite percussione sovra pubica, in grado di stimolare il riflesso minzionale sacrale solo in caso di lesione midollare sovra sacrale. Quasi sempre oltre alla contrazione vescicale viene provocata anche la contrazione sfintero-perineale (fenomeno della dissinergia), per cui lo svuotamento avviene contro resistenza, ad alte pressioni, con rischio di residuo urinario significativo. La percussione sovra pubica può essere accettata come sicura solo in caso permetta svuotamenti a basse pressioni completi o con residuo non significativo, in assenza di reflusso e di disreflessia.  E’ da preferire per l’uomo, in quanto la stimolazione ricorrente del riflesso minzionale fa sì che anche negli intervalli tra le percussioni si verifichi minzione automatica spontanea con incontinenza e dunque vi è la necessità di poter gestire un sistema comodo di raccolta per le urine come il condom.

In caso di lesione midollare sacrale sono invece utilizzabili manovre per aumentare la pressione addominale come la compressione sovrapubica – manovra di Credè – o il torchio addominale.  I rischi sono: lo svuotamento incompleto, la comparsa o il peggioramento del reflusso vescico-uretero-renale, il prolasso urogenitale, le emorroidi, le ernie. Andrebbero riservate all’uomo, dato i rischi per la statica pelvica della donna, e ritenute sicure se lo svuotamento avviene a basse pressioni con residuo assente o non significativo, in assenza di reflusso renale, prolasso, emorroidi, ernie.

 

Attualmente la modalità di gestione ottimale della vescica neurologica nella persona con lesione al midollo spinale, raccomandato da tutte le linee guida delle società scientifiche internazionali, è il cateterismo intermittente, possibilmente autogestito. Permette infatti lo svuotamento vescicale completo a basse pressioni, contrasta l’incontinenza urinaria –spesso in associazione con terapia farmacologica antimuscarinica -, rende la persona indipendente da presidi più o meno ingombranti e invadenti – pannolini, condom, sacche, cateteri a dimora -, migliora la sua qualità di vita e rispetto alle altre metodiche provoca nel tempo meno complicanze.

Per la sua applicabilità è necessario valutare abilità e risorse individuali e socio-familiari. I requisiti richiesti: sufficienti manualità, visus, controllo posturale, capacità cognitive e motivazione, assunzione idonea di liquidi, assenza di anomalie uretrali, capacità vescicale >200 ml, eventuale disponibilità di idoneo caregiver.

Esso può essere sostitutivo della minzione o di completamento di uno svuotamento vescicale parziale; è effettuabile con modalità sterile (in ospedale per acuti), asettica (in reparti di riabilitazione) o pulita (a domicilio). Sono raccomandati: educazione accurata del paziente,  frequenza di cateterizzazione 4-6 volte al giorno,  calibro del catetere 12-14 Fr, volumi vuotati <400 ml.

Per ridurre le complicanze, in particolare lesioni uretrali e infezioni, sono importanti: tecnica di cateterizzazione atraumatica, prevenire contaminazioni del catetere, scelta del catetere – prelubrificati e idrofili sembrano associati a minor incidenza di infezioni e minor trauma uretrale -.

L’aderenza alla pratica del cateterismo intermittente tende a declinare nel tempo, in particolare in alcuni gruppi di persone con  mielolesione: gli anziani, i tetraplegici e le donne. Le cause sono individuabili nell’aumento di dipendenza e nella spasticità, che ostacolano l’autogestione della manovra e nella incontinenza urinaria grave tra i cateterismi. Per questo sarebbe importante mantenere regolari contatti con i pazienti e i loro care givers.

 

In conclusione: il cateterismo intermittente dovrebbe essere promosso e reso disponibile il più tempestivamente possibile alle persone con vescica neurologica in grado di praticarlo, anche ricercando il catetere più adeguato. L’educazione e la motivazione del paziente richiedono particolare impegno da parte degli operatori e regolari follow up per individuare eventuali criticità e possibili soluzioni. La non applicabilità del cateterismo intermittente obbliga a una maggiore attenzione alla sorveglianza per la salvaguardia delle alte vie urinarie. Il processo decisionale deve essere condiviso con il paziente: il successo di qualunque trattamento implica la personale aderenza allo stesso.

 

Dott.ssa Mariangela Leucci

Dirigente medico Unità Operativa Medicina Fisica e Riabilitazione

Unità Spinale Vicenza.

 

 

Per saperne di più:

EAU Guidelines 2012

Reccomendations ICI 2009

Spinal Cord Injury Rehabilitation Evidence 4.0

Consortium for Spinal Cord Medecine: Bladder management for adult with spinal cord injury 2006

Fondazione italiana cont