La Legge 104 non dà diritto esplicito a saltare la fila,
ma l’accomodamento ragionevole (D.Lgs 62/24) e la L. 67/06 (anti-discriminazione) sì.
Chiedere è legittimo, il rifiuto può essere illegale.

Affrontare una coda in attesa del proprio turno presso un ufficio pubblico, un negozio, una banca o un ambulatorio è un’esperienza comune, spesso vissuta con una certa dose di impazienza. Tuttavia, per una persona con disabilità, l’attesa prolungata, magari in piedi, in ambienti affollati o privi di adeguati supporti, può rappresentare non solo un disagio, ma una vera e propria barriera fisica o psicologica, capace di compromettere l’accesso stesso al servizio desiderato. Di fronte a queste difficoltà, sorge spontanea una domanda cruciale, specialmente per chi beneficia delle tutele previste dalla normativa italiana sull’handicap: posso rifiutarmi di fare la fila se ho la 104? La risposta che emerge dall’analisi delle leggi vigenti in Italia non è un semplice “sì” o “no” scritto nero su bianco nella Legge 104 stessa, ma si basa su principi giuridici fondamentali che mirano a garantire l’effettiva uguaglianza e la non discriminazione, come il concetto di “accomodamento ragionevole”. Esaminiamo insieme il quadro normativo per capire quali sono i diritti e come farli valere.

Indice

  • La Legge 104 prevede esplicitamente il diritto di saltare le file?
  • Cos’è l’accomodamento ragionevole e come si applica alle file?
  • L’obbligo di fare la fila può essere considerato discriminatorio per chi ha la 104?
  • Quindi, se ho la 104 posso chiedere di non fare la fila?
  • Cosa dovrebbero fare gli uffici pubblici o i negozi privati di fronte alla mia richiesta?
  • Cosa succede se mi rifiutano la precedenza ingiustificatamente?
  • Conclusione

La Legge 104 prevede esplicitamente il diritto di saltare le file?

È importante partire da un chiarimento fondamentale: la Legge 5 febbraio 1992, n. 104, nota appunto come “Legge 104”, rappresenta la pietra miliare della legislazione italiana per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità. Essa introduce numerose tutele fondamentali, come i permessi lavorativi retribuiti per il lavoratore disabile o per il familiare che lo assiste, agevolazioni fiscali, supporti per l’integrazione scolastica e lavorativa. Tuttavia, scorrendo il testo della Legge 104, non si trova un articolo specifico che sancisca un diritto generalizzato ed esplicito per le persone con disabilità a ottenere la precedenza nelle file o a “saltare la coda” in ogni contesto.

L’assenza di una norma esplicita nella Legge 104 non significa che la richiesta di evitare la fila sia infondata o illegittima. Al contrario, la legittimità di questa richiesta e la prassi, sempre più diffusa (anche se non universale), di concedere la precedenza si basano su altri principi giuridici cardine, volti a garantire una parità di trattamento sostanziale e non solo formale. Questo principio, sancito dall’art. 3 Cost., stabilisce che “situazioni uguali vanno trattate in modo uguale, ma situazioni diverse vanno trattate in modo diverso”: l’ordinamento deve rimuovere ogni ostacolo pratico e concreto che pregiudica una parità sostanziale tra i cittadini.

Inoltre, sempre dai principi generali del nostro ordinamento, si ricava il divieto di discriminazione che protegge le persone con disabilità da svantaggi ingiustificati.

Vediamo come questi principi si applicano concretamente alla situazione delle code.

Cos’è l’accomodamento ragionevole e come si applica alle file?

Il concetto di “accomodamento ragionevole” è di fondamentale importanza ed è stato formalmente integrato nel nostro ordinamento giuridico, proprio all’interno della Legge 104, grazie al Decreto Legislativo 3 maggio 2024, n. 62. Questo decreto ha introdotto l’articolo 5-bis nella Legge 104, il quale definisce l’accomodamento ragionevole come l’insieme delle “misure e gli adattamenti necessari, pertinenti, appropriati e adeguati” che devono essere adottati per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio effettivo dei loro diritti e libertà fondamentali, su base di uguaglianza con gli altri. L’unico limite è che tali misure non devono imporre un “onere sproporzionato o eccessivo” al soggetto che è obbligato ad attuarle. Questo principio deriva direttamente dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), ratificata dall’Italia.

Come si traduce questo nella gestione delle file? Consentire a una persona la cui disabilità rende l’attesa in coda particolarmente gravosa (per fatica, dolore, ansia, necessità fisiologiche impellenti, ecc.) di accedere prioritariamente al servizio rappresenta un tipico esempio di accomodamento ragionevole. Si tratta di una modifica organizzativa solitamente semplice e a basso costo (spesso nullo) che però rimuove una barriera significativa per la persona con disabilità, mettendola su un piano di parità sostanziale con gli altri nell’accesso al servizio. Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea [Sentenza 4 luglio 2013], seppur in ambito lavorativo, ha ribadito l’obbligo di adottare provvedimenti appropriati basati sulle esigenze concrete della persona disabile.

L’obbligo di fare la fila può essere considerato discriminatorio per chi ha la 104?

In determinate circostanze, imporre a una persona con disabilità di sottostare alla stessa procedura di attesa in coda degli altri può configurare una discriminazione indiretta. Questo tipo di discriminazione è vietata dalla Legge 1 marzo 2006, n. 67, che tutela le persone con disabilità dalle discriminazioni. L’articolo 2 di questa legge specifica che si ha discriminazione indiretta quando una prassi, una regola o un comportamento “apparentemente neutri” (come la regola “tutti fanno la fila”) finiscono per mettere una persona con disabilità in una “posizione di svantaggio rispetto ad altre persone” (legge 1 marzo 2006, n. 67, art. 2.).

Pensiamo ad alcuni esempi che rappresentano casi nella vita di tutti i giorni:

  • una persona con gravi problemi di deambulazione o che utilizza ausili;
  • una persona con una patologia cardiaca o respiratoria che non tollera lo sforzo prolungato o l’affollamento;
  • una persona con una malattia cronica che causa affaticamento severo;
  • una persona con disturbi dello spettro autistico o con ansia sociale per cui la permanenza in una coda caotica è fonte di forte stress;
  • una persona con necessità fisiologiche urgenti e non differibili legate alla propria condizione.

In tutti questi casi (e molti altri), l’obbligo “neutro” di fare la fila crea uno svantaggio oggettivo e significativo, che può arrivare a impedire l’accesso al servizio stesso. Applicare la regola della coda senza flessibilità può quindi diventare discriminatorio.

Quindi, se ho la 104 posso chiedere di non fare la fila?

Basandoti sui principi di accomodamento ragionevole (Art. 5-bis L. 104/92) e sul divieto di discriminazione (L. 67/2006), hai il pieno diritto di chiedere di essere esentato dall’attesa in coda se la tua condizione di disabilità (sia essa formalmente riconosciuta dalla Legge 104 o meno, purché oggettivamente esistente e causa di disagio nell’attesa) lo rende necessario o particolarmente gravoso.

È importante presentare la richiesta non come una pretesa di privilegio, ma come l’esigenza di ottenere un adattamento necessario per poter accedere al servizio su un piano di parità con gli altri, superando una barriera che per te è significativa.

Cosa dovrebbero fare gli uffici pubblici o i negozi privati di fronte alla mia richiesta?

Sia gli enti pubblici che i soggetti privati che erogano servizi al pubblico hanno il dovere giuridico di prendere in seria considerazione la tua richiesta. Non possono ignorarla o respingerla aprioristicamente.

Devono valutare se la tua richiesta costituisce un “accomodamento ragionevole”. Nella stragrande maggioranza dei casi legati alla gestione delle file, concedere la precedenza o trovare una modalità alternativa (come un’attesa da seduti in un luogo appartato, la fissazione di un appuntamento, o l’accesso a uno sportello dedicato, se esistente) è una misura semplice e non onerosa. Possono rifiutare di concedere l’accomodamento solo se sono in grado di dimostrare concretamente che farlo comporterebbe per loro un onere sproporzionato o eccessivo sotto il profilo organizzativo o economico, cosa oggettivamente difficile da sostenere per la semplice gestione di una priorità in coda.

Cosa succede se mi rifiutano la precedenza ingiustificatamente?

Se ritieni che il rifiuto di concederti la precedenza (o un accomodamento alternativo) sia ingiustificato, immotivato, o basato su una valutazione superficiale delle tue esigenze e dell’impatto organizzativo, quel rifiuto potrebbe configurare un comportamento discriminatorio.

In tal caso, puoi tutelarti attivando gli strumenti previsti dalla Legge n. 67/2006. Questa legge consente di presentare un ricorso al tribunale civile per far accertare la natura discriminatoria del comportamento, ordinarne la cessazione, e ottenere eventualmente anche il risarcimento del danno subito (sia patrimoniale che non patrimoniale). È consigliabile, in questi casi, rivolgersi a un’associazione di tutela delle persone con disabilità o a un legale specializzato.

Conclusione

In conclusione, sebbene la Legge 104/1992 non contenga un articolo specifico che reciti “chi ha la 104 salta la fila”, i principi giuridici più ampi e fondamentali dell’accomodamento ragionevole (sancito ora anche all’interno della stessa Legge 104 dal D.Lgs. 62/2024) e del divieto di discriminazione (Legge 67/2006) forniscono una solida base legale per sostenere il diritto delle persone con disabilità a non essere penalizzate da lunghe attese in coda.

Chiedere di essere esentati dalla fila è quindi un atto legittimo, fondato sulla necessità di rimuovere una barriera e garantire pari opportunità di accesso ai servizi. Gli enti pubblici e privati dovrebbero accogliere tali richieste come applicazione di un dovere di inclusione, rifiutando solo in casi eccezionali e motivati di onere sproporzionato. Conoscere questi principi ti permette di far valere i tuoi diritti con maggiore consapevolezza e forza.