a cura del medico fisiatra Luca Salvi
Presidio di Riabilitazione extraospedaliera – Centro Polifunzionale Don Calabria

“Vorrei poter tornare a camminare”. È questo il desiderio di tutti i pazienti che si trovano di fronte ad una diagnosi di paraplegia. Per raggiungere questo obiettivo è necessario un programma di riabilitazione immediato, poiché il primo periodo successivo ad una lesione del midollo spinale è fondamentale per il maggior recupero possibile delle capacità motorie.

La riabilitazione delle persone colpite da paraplegia pone sfide complesse all’intero team riabilitativo, ai pazienti e ai loro familiari. Nelle lesioni midollari complete purtroppo il recupero del cammino non è possibile e pertanto il Focus deve essere concentrato sul potenziamento muscolare del tronco e degli arti superiori, sul recupero delle autonomie, sul reinserimento sociale e lavorativo e sulla qualità della vita. Nelle lesioni midollari incomplete, al contrario, il Focus dovrebbe sempre mirato, ove se ne intraveda la possibilità, al recupero della deambulazione.

Questo è attualmente lo standard terapeutico adottato dalla maggior parte dei centri per paraplegici, i quali si servono di una grande varietà di procedure e strumenti altamente tecnologici. Fra questi le moderne ortesi possono rappresentare un elemento fondamentale. Molti pazienti tuttavia ricevono come unico ausilio una carrozzina, senza che venga sufficientemente verificata la possibilità di un trattamento con ortesi. Purtroppo permangono ancora molte riserve riguardo all’efficacia delle ortesi, riserve basate però solo su una idea antiquata delle ortesi stesse e sulla non conoscenza delle possibilità offerte dai nuovi materiali e dalle nuove tecniche di lavorazione e costruzione. Infatti le moderne ortesi, grazie all’impiego di materiali come il carbonio o il kevlar e alle nuove articolazioni di caviglia e di ginocchio, regolabili e dotate di sistemi di controllo meccanici o elettronici, hanno delle potenzialità e permettono delle performance del tutto impensate anche solo 15 o 20 anni fa.

Il trattamento ortesico in una prospettiva storica
Fino a non molto tempo fa le ortesi erano ancora chiamate “stecche” ed erano in realtà considerate congegni invalidanti con pochi vantaggi terapeutici. Un buon esempio di deambulazione con un’ortesi del passato è visibile nel film Forrest Gump. Per le loro caratteristiche, questi ausili erano fra l’altro responsabili di gravi danni conseguenti per i pazienti. I numerosi fallimenti dei trattamenti ortesici di un tempo sono principalmente da ascrivere a una ridotta funzionalità dei componenti utilizzati, che determinava la ridotta funzionalità dell’ortesi nel suo complesso. Ad aggravare ulteriormente la situazione vi era il fatto che i materiali classici utilizzati, quali il cuoio e l’acciaio, determinavano un peso elevato dell’ortesi. In passato, inoltre, mancavano sistemi di calcolo intelligenti per la determinazione delle sollecitazioni previste, per cui la progettazione e la realizzazione dell’ortesi poteva risultare imprecisa o approssimativa. Ne derivava quindi che tali ortesi spesso presentavano una funzionalità ridotta o non adatta al paziente per il quale erano realizzate. Per via delle sollecitazioni sottostimate, spesso l’ortesi si rompeva oppure era troppo pesante per il paziente. La mancanza di conoscenze adeguate riguardo all’impiego di nuovi materiali, a componenti innovativi e all’utilizzo di sistemi di calcolo intelligenti è uno dei motivi per cui i fallimenti possono verificarsi anche con le ortesi di oggi.

Il trattamento ortesico al giorno d’oggi
Dunque, per via delle esperienze negative del passato con ortesi insufficienti o difettose ma anche per via della necessità di conoscenze molto specifiche e della oggettiva complessità della materia, il trattamento ortesico purtroppo viene preso in considerazione raramente. Con tutti questi presupposti, la carrozzina finisce con il rappresentare l’unica alternativa efficace esistente per consentire al paziente la mobilità. Eppure, considerando gli innumerevoli benefici della stazione retta e del cammino (fisici e psicologici), nella moderna riabilitazione, per ogni paziente lesionato midollare con livello neurologico almeno da T12 in giù, ritengo doveroso fare una attenta e rigorosa verifica della trattabilità ortesica, per non correre il rischio di “scartare” molti, troppi pazienti potenzialmente abili, trattandoli semplicemente ed esclusivamente con l’adozione della carrozzina.  Indubbiamente il trattamento ortesico abbinato ad un trattamento riabilitativo e ad un training deambulatorio intensivo rappresenta un maggiore onere terapeutico, tecnico ed economico nell’ambito del processo riabilitativo e pertanto resta spesso escluso dalla terapia. Purtroppo in tal modo spesso viene sprecata l’occasione di ripristinare le facoltà deambulatorie nei pazienti potenzialmente in grado di recuperarle. 

Onde evitare di essere frainteso, non intendo affermare che le moderne ortesi possano sostituire la carrozzina (anche se in alcuni casi questo è possibile) ma, sulla base di una importante esperienza accumulata in particolare negli ultimi anni,  posso affermare con certezza che le moderne ortesi possono rappresentare per molti pazienti un fondamentale strumento riabilitativo e un ausilio fondamentale per esercitare la funzione del cammino nella vita quotidiana e mantenere così un buon livello di salute e di benessere con un netto miglioramento della qualità della vita.

Dopo questa introduzione di carattere generale, sul prossimo numero de L’Informatore vedremo più in concreto e nel dettaglio queste ortesi e analizzeremo le loro caratteristiche, le indicazioni, il funzionamento e i benefici derivanti dal loro utilizzo.

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